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Rubriche | I Blog/L'arcobaleno dei sentimenti - Monica Cornali

mercoledì 27 Maggio 2020

La rabbia è dentro di noi. Ma possiamo impedirle di farci del male

Nei casi in cui la rabbia sia disfunzionale, portando per esempio alla perdita di relazioni, è utile imparare a controllarla 

Monica Cornali

La rabbia è una delle emozioni di base, universale, che appartiene all’esperienza umana e ha una funzione adattiva, che risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e nel rispondere a un’ingiustizia, subita o percepita. Essa ci segnala che qualcosa sta intralciando il nostro percorso verso un obiettivo importante. Davanti a un’esperienza di rabbia possiamo reagire in tanti modi diversi: alcune persone sono più propense a tenere tutto dentro; altre cercano di non pensarci; altre la sfogano con parole o comportamenti, per esempio qualcuno ci taglia la strada e noi suoniamo il clacson, il nostro partner dice una cosa di troppo e si becca la sfuriata. Ci sono anche persone che continuano a rimuginare su quello che ha causato la rabbia, mantenendo contemporaneamente attiva l’emozione.

Lo stato emotivo della rabbia viene sperimentato a livello soggettivo con un’elevata attivazione del sistema simpatico autonomo. La rabbia è altresì associata a cognizioni e pensieri di attribuzione e di valutazione che sottolineano le malefatte degli altri e motivano una risposta di antagonismo per contrastare, scacciare, ritorcere contro, o attaccare la fonte della minaccia percepita. 

Mi pare utile soffermarsi sul fattore cognitivo legato al permanere di uno stato di rabbia, sino a farlo diventare una rabbia cronica che impregna di sé la personalità e la vita della persona, costituendone il suo motivo di fondo. La componente cognitiva della rabbia è costituita dalle interpretazioni che vengono date agli accadimenti, a loro volta esse sono legate a pensieri, credenze e immagini che spesso si sono depositati interiormente senza che la persona se ne potesse rendere conto: per esempio assorbendole fin dalla più tenera età in un contesto familiare, respirando un’atmosfera di tensione, di minaccia, derivante dalla convinzione che gli altri siano inaffidabili o cattivi; un’atmosfera di non-fiducia e di timore nei confronti della vita. Numerosi sono i motivi per cui è possibile perdere la calma, per esempio quando consideriamo un’altra persona responsabile per averci procurato un danno, un fastidio; oppure, se non dovessimo trovare un responsabile diretto è possibile arrabbiarsi con se stessi. Spesse volte ci arrabbiamo con le persone a cui siamo più legati, come i genitori, i coniugi, in quanto proprio da loro ci aspettiamo di essere capiti e ascoltati, ma questo non si verifica sempre. Succede anche che l’emozione della rabbia non venga riconosciuta dall’individuo, che magari la considera sconveniente ed allora egli può sperimentare intense condizioni di paura o vergogna, sotto le quali cova il fuoco della rabbia.

In tutti i casi in cui la rabbia diviene disfunzionale per la persona, compromettendone le relazioni sociali o spingendola a compiere azioni dannose verso sé, gli altri, è buona cosa intervenire, facendosi supportare in un percorso volto al riconoscimento della catena di pensieri, reazioni emotive e comportamenti che si attivano in relazione a stimoli interni o esterni. Gli interventi per la gestione della rabbia si focalizzano sul modo in cui le persone percepiscono le provocazioni interpersonali e spesso promuovono la capacità di mettersi dal punto di vista dell’altro in modo tale che non venga percepito come ostile o colpevole. Spesso vengono insegnate anche tecniche di rilassamento per controllare l’attivazione fisiologica e infine si propongono convinzioni alternative a quelle ormai riconosciute dall’individuo come disfunzionali.

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