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Mappe IconMappe | Mappe 18 – Salute e benessere – dicembre 2023

martedì 19 Dicembre 2023

La sanità è un diritto di tutti

Il Goal 3 dell’Agenda 2030 pone il benessere degli individui al centro degli obiettivi. In Veneto, la disparità economica è ancora ago della bilancia

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Un bene universalmente fruibile. Era da questo presupposto che esattamente 45 anni fa, su proposta dell’allora ministro della sanità Tina Anselmi, prima donna in Italia ad assumere questa carica, con la legge 23 dicembre 1978 numero 833, il Governo soppresse il sistema mutualistico e istituì il Servizio sanitario nazionale. Ci sarebbero da spegnere 45 candeline, eppure il clima in Italia è tutt’altro che festoso. Non si unisce ai festeggiamenti Nico Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ne elenca le criticità: «I suoi princìpi fondanti, universalità, uguaglianza, equità, sono ormai ampiamente traditi. Perché la vita quotidiana delle persone, in particolare quelle meno abbienti, è sempre più condizionata dalla mancata esigibilità di un diritto fondamentale, quello alla tutela della salute: interminabili tempi di attesa per una prestazione sanitaria o una visita specialistica, necessità di ricorrere alla spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure, pronto soccorso affollatissimi, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, enormi diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria». Di certo non si sono messi in coda per gli auguri di buon compleanno nemmeno i tanti medici e infermieri che a più riprese, non ultimo lo scorso 18 dicembre con la presenza anche di anestesisti e chirurghi, hanno incrociato le braccia e sospeso le attività lungo tutta la Penisola. In Veneto si sono fermati in oltre 260. Una costante spada di Damocle minaccia la tenuta del Sistema sanitario nazionale finendo per allontanarsi e per allontanarci dal significato vero e proprio del concetto di salute. L’Organizzazione mondiale della sanità identifica la salute con uno stato di benessere fisico e psichico e la considera come fattore non solo individuale, ma anche collettivo, che interessa componenti psicologiche e sociali. La salute contribuisce all’aumento della produttività, a una maggiore efficienza della forza lavoro, a un invecchiamento più sano, a ridurre i costi sanitari e sociali. È la chiave per ridurre la povertà. Questo spiega perché alla salute è dedicato il Goal 3 dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti all’interno dell’Agenda 2030 che i 193 Stati delle Nazioni Unite hanno ratificato, impegnandosi a declinare nella loro politica interna strategie per soddisfare tali scopi entro il 2030. È un’ammissione di responsabilità: «assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età» è infatti il macro obiettivo.

Ma in Veneto qual è lo stato di salute? I dati estrapolati dal Rapporto Asvis evidenziano come in dieci anni c’è stata una riduzione delle persone che fanno abitualmente uso di alcol (meno 8,6 punti percentuali) e di tabacco (meno 4,5 punti percentuali). E nello stesso arco temporale 2012-2021 è aumentato anche il numero di medici (più 1,2 per mille abitanti), ma si riducono i posti letto negli ospedali (meno 0,2 per mille abitanti). Eppure sono oltre 640 mila i cittadini in Veneto ancora senza medico di famiglia, ed entro il 2032 andranno in pensione 1.500 camici bianchi. Massimiliano Dalsasso, segretario dell’Associazione fra gli Anestesisti ospedalieri italiani, e presente alle manifestazioni dello scorso 18 dicembre, dichiara che in Veneto mancherebbero 3.500 medici; è per questo che Luca Zaia e il Governo Meloni spingono ad alzare a 72 anni, anziché a 70, l’età pensionabile su base volontaria, ma l’emendamento, con un colpo di dietrofront, non è stato presentato in manovra. Scendendo più in profondità, emerge che la speranza di vita alla nascita in Veneto è pari a 81,2 anni per i maschi e a 85,5 anni per le femmine, superiore a quella italiana di circa otto mesi per entrambi. Tuttavia gli uomini con basso livello di istruzione hanno una speranza di vita di 79,4 anni; le donne meno istruite arrivano in media a 85,1 anni. Si riduce anche la mortalità prematura per malattie non trasmissibili, come emerge dal tasso di mortalità per tumore, diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie croniche nella fascia di età 30-69 anni, più bassa in Veneto che in Italia. Ma la difficoltà di accedere alle cure è maggiore per chi è a rischio povertà o esclusione sociale, evidenziando una drammatica disparità. Rinuncia alle cure per motivi economici il 15 per cento delle persone in condizione di povertà o esclusione sociale, rispetto al 4 per cento di chi dispone di migliori risorse economiche. Perché prima c’è stato il Covid, poi l’inflazione, il caro energia e le lunghe code d’attesa: così, secondo i dati del rapporto del ministero dell’Economia, ogni cittadino veneto ha visto aumentare la spesa sanitaria pro capite del 4,5 per cento, passando dai 728 euro annui del 2019 ai 761 del 2021. E questo andando in controtendenza rispetto ai princìpi cardini del Sistema sanitario nazionale che non può piegarsi alla mera logica del denaro. E che a 45 anni dovrebbe avere ancora dei polmoni in salute per soffiare sulle candeline.

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