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Mappe IconMappe | Mappe 19 – Lavoro dignitoso – gennaio 2024

martedì 23 Gennaio 2024

La scalata delle lavoratrici per ottenere uguali diritti, non solo gap retributivo

Un mercato del lavoro sano è un mercato del lavoro equo, eppure in Veneto non abbiamo ancora raggiunto questo obiettivo.

Francesca Campanini
Francesca Campanini
collaboratrice

Le disparità di genere giocano ancora un ruolo centrale nell’accesso delle donne alle opportunità occupazionali e nella qualità dell’offerta di lavoro che viene loro proposta. Lo conferma l’ultimo report della Regione Veneto L’occupazione maschile e femminile in Veneto, riferito al biennio 2020- 2021. A sottolineare un dato allarmante in questo senso è la consigliera regionale di Parità del Veneto, Francesca Torelli: «Un dato particolarmente significativo è quello relativo alle convalide per dimissioni per giusta causa. Il 71 per cento delle convalide per dimissioni riguarda lavoratrici e solo il 29 per cento i colleghi, ma nel caso delle convalide per giusta causa il dato sale all’87 per cento. Ricordiamo per coloro che non sono addetti ai lavori che le dimissioni per giusta causa si possono verificare quando la controparte ha compiuto atti tali da non consentire, neppure temporaneamente, la prosecuzione del rapporto. Rientrano in questa casistica il mancato versamento dello stipendio, come atti di violenza e molestia morale, o molestia sessuale». Le donne nel mondo del lavoro sono dunque più esposte a rischi, questa vulnerabilità però pare non essere dovuta a fattori contingenti. I dati della Regione rivelano una disparità di genere strutturale, tale per cui le donne lavorano meno – il tasso di occupazione femminile, seppur in crescita, è ancora pari al 79 per cento di quello maschile – e in condizioni peggiori. I fenomeni di part-time involontario, gap retributivo e segregazione verticale infatti si verificano, nel contesto regionale e italiano, a sfavore della componente femminile della forza lavoro. Nel 2022, per esempio, in Veneto il 34,8 per cento delle donne lavorava in regime di part-time, di cui il 12,3 per cento involontariamente, a fronte di un 6,1 per cento di lavoratori part-time uomini, di cui solo il 3 per cento è ricorso a questa opzione per via dell’impossibilità di trovare un lavoro a tempo pieno. I dati sui gap retributivi sono ancora più eclatanti: in media in Veneto nel 2019 un uomo guadagnava 150 euro in più al mese rispetto a una donna. La concentrazione dei lavoratori maschi nei settori più produttivi e tra coloro che ricoprono posizioni meglio pagate sembrerebbe una “ragionevole” spiegazione, e invece i dati parlano della presenza di una marcata differenza salariale tra uomo e donna anche a parità di ruolo, che ammonta a 400 euro in più al mese guadagnati da un dirigente uomo rispetto a una dirigente donna, 470 euro in più per quanto riguarda i quadri e una differenza di 200 euro al mese tra impiegati e impiegate. Inoltre, si è osservato, il gap retributivo aumenta con l’età ed è presente anche tra lavoratori e lavoratrici che hanno conseguito la laurea. Per quanto riguarda la “segregazione verticale”, cioè la difficoltà per le donne ad accedere a posizioni professionali apicali, Verona è ultima in classifica con il solo 22 per cento di dirigenti donne, mentre Rovigo è prima, forte del suo 45 per cento. Se è vero che ci sono più uomini nel mercato del lavoro che donne, è anche vero che esistono settori in cui la percentuale di lavoratrici è maggiore rispetto a quella dei lavoratori, tra questi spiccano l’istruzione la sanità ed altri servizi sociali, in cui le donne ricoprono il 78 per cento a livello veneto, la pubblica amministrazione con un 73,1 per cento e la ristorazione in cui rappresentano il 65,6 per cento. Dove la concentrazione femminile è più marcata, cioè nell’istruzione e nella pubblica amministrazione, notiamo che ci troviamo in settori del mercato del lavoro in cui gli enti pubblici sono i titolari. Per quanto riguarda il settore della scuola pubblica, cioè dall’infanzia alla scuola superiore di secondo grado, Renata Sensolo, operatrice di consulenza di Cisl Scuola a Padova, ci aiuta ad avere una panoramica, innanzitutto toccando un tema che domina la questione della disparità di genere in ambito professionale, la conciliazione famiglia-lavoro: «Nel settore della scuola c’è una maggioranza di lavoratrici per via di un retaggio del passato secondo cui era più semplice conciliare lavoro e famiglia lavorando solo mezza giornata. Oggi i tempi sono cambiati, ora ci sono più uomini che si inseriscono nel mondo della scuola, soprattutto alle superiori, ma la differenza percentuale rimane». Tuttavia, precisa Renata Sensolo, si è giunti alla consapevolezza che la professione dell’insegnante va ben oltre le ore di didattica frontale, motivo per il quale rispetto alla mole di lavoro effettiva i salari dei docenti sono molto bassi in Italia. D’altro canto, a fronte delle criticità che esistono nel settore della scuola pubblica, secondo Sensolo i fenomeni del gap retributivo e della segregazione verticale sono molto meno accentuati: «Molte volte si guarda la scuola statale e si dice di tutto e di più. Invece bisognerebbe prenderla come modello d’esempio per quanto riguarda il tipo di contrattazione collettiva, che risulta fondamentale per realizzare la parità di genere».

Le lavoratrici under 35 sono più vulnerabili

Il target 8.5 mira «entro il 2030, raggiungere la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini, anche per i giovani e le persone con disabilità, e la parità di retribuzione per lavoro di pari valore». Nelle statistiche della Regione Veneto, focalizzandoci sugli under 35, le donne sono più vulnerabili dei coetanei: sono il 42 per cento, infatti, le giovani che lavorano con contratti precari e a bassa intensità lavorativa (part-time involontario) a fronte del 28 per cento dei loro pari d’età maschi.

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