L’ultimo libro di Francesco Jori, La vecchia Padova. Storie e volti di una città di altri tempi racconta Padova tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con lo sguardo rivolto al futuro della città e delle persone che la abitano. «Questo volume – spiega l’autore – è una mano tesa a sostenere il progetto che la Comunità di Sant’Egidio ha realizzato al Portello, uno dei quartieri più caratteristici della vecchia Padova. Qui, anche grazie al finanziamento pubblico, è stata inaugurata la Casa dell’Amicizia, che si inserisce in un progetto di rigenerazione urbana e sociale a cui si aggiungono due appartamenti per anziani soli, per sperimentare nuove forme di convivenza solidale e contrastare l’isolamento».
Il libro si sviluppa secondo una carrellata di temi originali proposti al lettore come una serie di cartoline su una Padova di altri tempi e i personaggi che la popolavano. Il focus principale però è il Portello perché, proprio tra gli anni Cinquanta e Sessanta era l’anima della città. «Il Portello – sottolinea Jori – era un quartiere molto particolare; politicamente, per esempio, era rosso comunista e in una Padova democristiana si distingueva bene. Però nel giorno dell’Immacolata nessuno dei suoi cittadini mancava alla tradizionale processione e la chiesa dell’Immacolata, come racconta nel libro don Tommaso Opocher della Comunità di sant’Egidio, era davvero un luogo caro al popolo».
Tra le pagine di Jori anche la storia di come, senza alcun finanziamento, Andrea Memmo riuscì a recuperare Prato della Valle e ne fece la meraviglia che è oggi; una pagina sulle osterie e il loro valore sociale, nonché il recupero dei vecchi nomi delle vie del centro, oggi cambiati ma che rimangono ancora nella memoria. Più di una dozzina, poi, le cartoline dedicate alle macchiette padovane, personaggi che vivevano nel disagio sociale ma che, allora, erano integrati nel tessuto cittadino. «Ricordo Ernesto, la Gaetana… Oggi tanti sindaci multerebbero queste persone per oltraggio al decoro; a quei tempi, invece, la città li includeva in qualche modo, il centro storico era una specie di grande villaggio in cui ci si conosceva tutti e c’era una realtà solidale, favorita da patronati molto attivi, che oggi è venuta a mancare». Il libro è impreziosito anche da un ricordo della scrittrice Antonia Arslan, che arrivò a Padova da bambina in fuga da un genocidio.
«La storia di Antonia Arslan ha un significato particolare, perché lei è armena, viene da fuori e in questa testimonianza racconta come Padova sia diventata la sua città. Attraverso la sua voce vorremmo mandare un messaggio di speranza agli stranieri e un invito all’accoglienza ai padovani. Oggi queste persone straniere non possono essere viste solo come qualcuno che viene a portarci via qualcosa ma anche come qualcuno che ci porta un’esperienza diversa mentre cammina con noi». Nel libro viene raccolta anche la testimonianza di Paolo Giaretta, senatore e sindaco di quella Padova che qui è raccontata con tanta passione. «Io, Giaretta e Arslan siamo ormai una generazione in via d’estinzione – scherza Jori – ma vorremmo che le nuove generazioni cogliessero qualche spunto». I proventi della vendita del libro sostengono le spese di gestione della Casa dell’Amicizia.
Secondo Jori: «Possiamo realizzare interventi urbanistici e tecnologici spettacolari ma le vere città smart investono nei cittadini e nelle persone e che li aiutano a diventare comunità».
“Rigenerati nella speranza. Il Battistero, i segni, i doni” è la mostra allestita dal 26 giugno fino a conclusione dell’anno giubilare (11 gennaio 2026) nella sala Barbarigo del Museo diocesano di Padova. Scopo è decodificare il significato del battesimo nei suoi simboli ripercorrendo il rito nelle trasformazioni avvenute nel tempo. Inaugurazione il 25 giugno alle 18.