Fatti
Ci sono storicamente due visioni del mondo del lavoro: una che vede la contrapposizione tra “padroni” e “lavoratori”, con situazioni improntate al conflitto; un’altra che considera le due parti accomodate sulla stessa barca, in posizioni e ruoli diversi, ma entrambe decise a portare quella barca sulla giusta rotta.
Se la prima visione, sorta nell’Ottocento e benedetta da teorie marxiste, è perdurata fino ad ora, la seconda – che ha radici anche nella Dottrina sociale della Chiesa – è più frutto del Novecento e dei mondi germanici. Lì già dagli anni Cinquanta del secolo scorso si sono fatte leggi che hanno permesso ai rappresentanti dei lavoratori di entrare gradualmente nella stanza dei bottoni. Cosicché i sindacati tedeschi sono diventati estremamente potenti, ma anche corresponsabilizzati sulle scelte e l’andamento aziendale.
In Italia – inutile nasconderlo – il sindacato ufficiale è sostanzialmente spaccato a metà: da una parte la Cgil e da qualche tempo la Uil, che hanno una visione più conflittuale e “politica” dei rapporti lavorativi; dall’altra la Cisl, che negli ultimi decenni si è spostata decisamente su una versione pragmatica e “funzionale”. Proprio dalla Cisl era stata avanzata una proposta di legge di iniziativa popolare che si è concretizzata nella n° 76 del 15 maggio 2025: “Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili dell’impresa”. Il tutto sul solco dell’art. 46 della Costituzione, che riconosce il diritto dei lavoratori “a collaborare alla gestione delle aziende”.
Attenzione. La legge c’è. Perché però passi dalla carta ai fatti, ce ne vorrà. Di diritti elencati ce ne sono parecchi, ma in molti casi dovranno essere recepiti dalla contrattazione collettiva, in altri da quella aziendale, comunque andranno adeguati gli statuti aziendali alle novità (non tutte, non in blocco) che si vorranno adottare.
Ad esempio la partecipazione ai consigli di amministrazione, la distribuzione agevolata di utili aziendali ai lavoratori, l’ingresso agevolato degli stessi nel capitale d’impresa, l’adozione di piani di miglioramento delle condizioni lavorative. Un po’ di Germania e un po’ di Giappone, dove da sempre si favorisce l’apporto di idee e progetti nati dai lavoratori.
Ma la strada è stata aperta, nonostante l’ostilità delle altre sigle sindacali che appunto rifiutano alla radice questo “compromesso” tra le due parti che vogliono contrapposte. A non aiutare è pure l’enorme ritardo con cui è stata adottata questa misura: sono tempi in cui la rappresentanza sindacale nelle aziende è sempre più ridotta, laddove sta diventando quasi inesistente nelle medie e piccole imprese.
Approvata trent’anni fa, questa legge avrebbe rafforzato le fondamenta di sindacati che stanno oggi evaporando dai luoghi di lavoro, concentrandosi sulla tutela dei diritti di chi dal lavoro è uscito per limiti di età.