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Se il 2026 sarà l’anno dei festeggiamenti per i 60 anni dei Pooh, il 2025 è stato per Red Canzian costellato dagli incontri con il suo pubblico accorsi alla presentazione del suo libro Centoparole per raccontare una vita (Sperling & Kupfer, 336 pagine, 2024) e dall’atto finale dello spettacolo Casanova Opera Pop nella cornice di piazza San Marco.
Il musical che ha incantato gli spettatori è divenuto espressione di quel legame tra saper fare artigiano e arte al centro del festival “L’impresa della bellezza” tenutosi a Vigonza a ottobre e presentato da Matteo Strukul, autore proprio del romanzo su Casanova rivelatosi poi la scintilla per la genesi dell’opera teatrale. «Avevo il desiderio di scrivere qualcosa su questo personaggio ma da ciò che leggevo emergeva sempre la solita figura stereotipata che non finiva di conquistarmi – ha ricordato il musicista durante l’incontro. Un’amica mi disse dell’uscita del romanzo di Matteo a cui in seguito dissi che senza saperlo aveva scritto la sceneggiatura del mio musical. Dopo poche ore, ci siamo incontrati e ne sono subito usciti i trentacinque capitoli della sinossi dello spettacolo».
In una dimensione da antica bottega – dove il grande artista era affiancato da una squadra e controllava tutti gli aspetti del lavoro – la preparazione del Casanova ha visto impegnato in prima persona anche Canzian, diviso così tra quelle sfere musicali e artigianali che ricorda aver anche indagato nel suo libro per trovarne il punto di distinzione. «Pur essendo bravo quanto l’artista, l’artigiano ha un’interpretazione dell’oggetto da lui realizzato che si ferma alla funzionalità – riflette – L’artista invece molto spesso crea un sogno fatto di un’inutilità della quale però si nutre l’anima. Noi abbiamo bisogno di bellezza e non è detto che questa debba servire a qualcosa ma può anche solo confortare l’anima. L’arte si realizza, dunque, quando termina l’utilizzo dell’oggetto, che si trasforma così in emozione».
Non solo lavoro e percorsi musicali, ma anche aneddoti e riflessioni personali trovano spazio tra le cento parole selezionate da Canzian nella sua fatica letteraria. Una di questa è fiume, capace di evocare ricordi d’infanzia e legame con l’autenticità della vita. «Sono nato a Villa Borghesan, vicino al Sile, e poi per dieci anni sono stato zingaro per il mondo fino al 1984, quando ho trovato la casa lungo lo stesso fiume dove ancora abito. Mi piace il Sile per la capacità di riservare una sorpresa dopo ogni ansa e per il movimento lento e semplice, tipico anche dei veneti che non fanno confusione ma portano a casa i risultati – riflette Canzian – Avendo poi come meta finale solo il mare e aggirando gli ostacoli lungo il percorso, l’acqua è come l’amicizia vera in cui ci si adatta ad ogni situazione pur di non deludere l’altra persona».
Dopo aver attraversato intere pagine dello spettacolo italiano, in un flusso di sogni e nuove avventure, ora per Canzian è arrivato il momento di vivere per sottrazione, eliminando ciò che non lo rende felice. «Sono stato bene durante le cento presentazioni del libro proprio perché mi sono rapportato con la gente in maniera diversa rispetto a quanto accade durante i concerti. Sono poi convinto che un uomo sia felice quando riempie le dieci dita delle mani con persone che lo amano e che gli sono amiche», ammette l’artista veneto. Non è comunque ancora arrivato il momento di fermare la musica: «Sono soddisfatto del mio lavoro e non vedo l’ora di celebrare i sessant’anni con i miei amici in una festa che condivideremo con la gente che ci ha seguiti e voluto bene».
In foto: Matteo Strukul e Red Canzian sul palco del festival “L’Impresa della bellezza”! presso teatro Quirino De Giorgio a Vigonza.
Foto di Andrea Andreetta per Sugarpulp magazine.
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