Fatti
I farmacisti delle farmacie private hanno scioperato il 6 novembre e minacciano di ripetere l’astensione dal lavoro se Federfarma, l’associazione dei proprietari delle farmacie, non tornerà a trattare per il rinnovo dei contratti dei dipendenti. Un problema di aumento di stipendio – Federfarma ha proposto un aumento di 180 euro ma non si è arrivati a un accordo – ma anche di riconoscimento del diverso ruolo che stanno sempre più assumendo i camici bianchi dietro al banco delle farmacie, in particolare con la riforma della sanità territoriale che prevede la possibilità di ampliare i servizi offerti dalle farmacie stesse. «Lo sciopero è una scelta necessaria – dichiarano congiuntamente Alessio Odoni, Patrizia Manca e Massimo Marchetti per le segreterie regionali Filcams, Fisascat e Uiltucs del Veneto – perché dopo mesi di confronto con Federfarma il contratto è ancora fermo e i farmacisti non possono più attendere. Scioperiamo con senso di responsabilità, per difendere il valore di una professione che è parte viva della sanità pubblica e della comunità».
Le trattative per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale scaduto il 31 agosto 2024 si sono interrotte lo scorso 20 ottobre e riguardano i circa 60 mila dipendenti delle 18.390 farmacie private in Italia, Paese nel quale ci sono in totale 20.079 farmacie (1.689 sono pubbliche), una ogni 2.938 abitanti in media. In Veneto nel 2024 le farmacie erano 1.491, 1.377 private e 114 pubbliche.
Le organizzazioni sindacali sottolineano due aspetti sui quali non si è trovata una sintesi: «L’ultima offerta economica presentata da Federfarma, pari a 180 euro complessivi sul triennio, è inaccettabile di fronte all’inflazione, alla perdita di potere d’acquisto e alla crescente complessità del lavoro in farmacia. Durante la pandemia hanno rappresentato un punto di riferimento per milioni di cittadini e, oggi, con la riforma della sanità territoriale e l’attuazione del Pnrr, il loro ruolo è ancora più centrale, le farmacie non sono solo esercizi commerciali, ma luoghi di salute e di relazione».
Che le farmacie non siano semplici “botteghe” dove comprare i farmaci, ma anche centri di prevenzione e promozione della salute, lo confermano anche i dati elaborati da Federfarma relativi alle prestazioni erogate dalle farmacie del Veneto nei primi sette mesi del 2025, grazie allo stanziamento regionale di 25,3 milioni di euro per una sperimentazione. Quasi 30 mila prestazioni (controlli per l’ipertensione non nota, diabete, ipercolesterolemia, monitoraggio dell’aderenza terapeutica dei pazienti affetti da diabete, esami di telecardiologia come elettrocardiogramma, holter cardiaco e holter pressorio). In questo quadro rinnovato, con l’aumento delle responsabilità affidate a chi ha contatti quotidiani con clienti che spesso necessitano ascolto e consigli, le tre organizzazioni sindacali sperano in una rapida ripresa del dialogo con l’associazione che riunisce i proprietari di farmacie e chiedono adeguamenti salariali in linea con il costo della vita, miglioramenti nella conciliazione tra tempi di lavoro e di vita, percorsi di formazione e valorizzazione del personale e, appunto, il riconoscimento delle professionalità espresse nelle farmacie dei servizi.
Federfarma Veneto da noi sentita in questa fase non esprime valutazione sulle difficoltà di rinnovare il contratto e a livello nazionale si è detta disponibile a «discutere l’attribuzione di ulteriori incentivi, premialità e misure di welfare, oltre ai 180 euro di incremento salariale proposti, utilizzando anche i benefici fiscali connessi, nell’ottica di migliorare ulteriormente il reddito effettivo e la qualità di vita dei collaboratori».
Il mondo delle farmacie private riguarda circa il 90 per cento delle farmacie in Italia, mentre le restanti sono farmacie comunali, gestite direttamente dai Comuni o da questi affidate a esterni. «Il nostro contratto è scaduto il 31 dicembre 2024 e siamo in fase di rinnovo, anche se di solito avviene dopo il rinnovo del Ccnl dei privati», spiega Andrea Capelli, presidente della Commissione per le relazioni industriali di Assofarm, il sindacato delle farmacie comunali, che sottolinea come si sia nel pieno delle trattative. Il contratto vigente è leggermente diverso per i lavoratori delle due tipologie: la paga base ai privati a oggi è di 1.969,97 lordi mensili (14 mensilità), mentre la paga base per i dipendenti delle farmacie comunali è di 2.109,97. «Noi delle farmacie comunali siamo poco meno del 10 per cento del sistema – aggiunge Andrea Capelli – e vengono contate come “private” anche le farmacie comunali in cui la gestione è stata privatizzata, cioè nell’insegna sono ancora “farmacie comunali”, ma il Comune titolare ha deciso di esternalizzare la gestione con una gara di concessione, spesso vinte da catene multinazionali, per esempio Benu, ex Lloyds. Molti comuni hanno fatto questa scelta soprattutto nei primi anni Duemila. È il caso, per esempio, del Comune di Padova che ha deciso di privatizzare la gestione delle proprie farmacie comunali, così come Milano, Torino, Bologna e Firenze. In Veneto, Venezia e Verona le farmacie comunali hanno ancora una gestione pubblica».
Andrea Capelli, presidente della Commissione per le relazioni industriali di Assofarm (il sindacato delle farmacie comunali) ricorda l’origine delle farmacie pubbliche: «La prima farmacia comunale in Italia è nata a Reggio Emilia nel 1903, quando il Comune decise di aprire al pubblico “pagante” e a libero mercato quella che era prima il servizio di distribuzione dei farmaci alle persone iscritte alle liste di povertà, istituita nel 1900. I socialisti riformisti pensarono di distribuire medicine ai poveri, poi vedendo che il servizio si reggeva e funzionava, hanno pensato di aprire anche ai più abbienti il servizio di farmacia comunale. Ed è così che sono nate le farmacie comunali, nel nostro carattere distintivo, la nostra mission, è quella di dare un servizio sociale a prezzi calmierati, per favorire l’accesso ai farmaci a tutta la popolazione».
I primi dati relativi alla partecipazione allo sciopero nazionale, rilevati da Federfarma mostrano un tasso di adesione inferiore al 15 per cento del personale in servizio il 6 novembre. Risulta rispettata al 95 per cento circa la quota minima del personale presente in farmacia durante l’astensione lavorativa. I dati dimostrano, secondo Federfarma, il solido rapporto tra titolari e collaboratori, nonché le buone condizioni che caratterizzano il lavoro in farmacia. L’analisi testimonia il senso di responsabilità dei lavoratori e rende Federfarma ancor più convinta di pervenire in tempi brevi al rinnovo del Ccnl.