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Mappe IconMappe | Mappe 22 - Imprese, innovazioni e infrastrutture - aprile 2024

martedì 16 Aprile 2024

Le imprese sono pronte? Transizione 5.0, è qui

Formazione Le aziende venete devono aggiornare i processi produttivi. Arriveranno risorse; il manifatturiero sarà trainante

Redazione
Redazione

Qualche anno fa veniva presentata in Italia l’industria 4.0: digitalizzata, automatizzata, interconnessa. I nuovi processi produttivi dovevano essere ammodernati e convertiti per guadagnare competitività. Da allora – sono passati circa dieci anni – il mondo è profondamente mutato e oggi ci prepariamo ad accogliere il “Piano Transizione 5.0”, un’evoluzione dello step precedente che dovrebbe accelerare ulteriormente la digitalizzazione in chiave sostenibile, puntando alla transizione verde. Ci si chiede, tuttavia, se l’impresa veneta è pronta a questo nuovo passaggio, che ricadute avrà nella produzione, nella vita di lavoratori e cittadini e soprattutto chi sosterrà i costi per l’adeguamento. Ha provato a rispondere a queste domande il convegno organizzato da Confindustria Veneto Est e Camera di commercio sabato 13 aprile a Padova. Presenti sul palco il presidente dell’associazione degli imprenditori Leopoldo Destro, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e il presidente della Camera di Commercio di Padova Antonio Santocono. È proprio Santocono a introdurre il tema: «In questo momento non ci sono imprese che sono già partite con la transizione verso il 5.0 e anche quelle che hanno convertito i propri processi al 4.0 sono solo il 20 per cento in Veneto. Il motivo è di natura economica, molte aziende non avevano la possibilità di investire. Tuttavia, dopo la pandemia, il settore produttivo ha realizzato che il 4.0 non è una scelta ma una necessità, per agganciare mercati internazionali ed essere competitivi con prodotti e servizi innovativi. Il nuovo decreto sul 5.0 per la prima volta sostiene sia gli investimenti strutturali, sia i processi. Questi ultimi meritano attenzione, perché ci sono norme europee stringenti alle quali bisogna adeguarsi». Il decreto sosterrà le imprese che vorranno investire nell’aggiornamento e nell’adeguamento delle competenze tecnologiche dei lavoratori; supporterà infine gli istituti tecnici post-diploma per far crescere l’occupazione che dovrà essere sempre più specializzata: «Ci aspettiamo molto da questo progetto, all’interno del quale rientrano le transizioni digitali, ecologiche ed energetiche che sono strettamente collegate. Siamo ottimisti sul fatto che molte imprese potranno beneficiare degli incentivi governativi, perché non ci saranno vincoli di accesso, divisioni settoriali o dimensionali» conclude il presidente. Nel corso del convegno è intervenuto anche il presidente di Confindustria Veneto Est Leopoldo Destro, che ha ricordato come «viviamo in un contesto geopolitico difficile, ma il nostro futuro è legato all’industria che deve essere competitiva. Il 5.0 è molto atteso, sulla scia del 4.0 che è stato un volano per gli investimenti: dal 2017 ci sono stati 20 miliardi di euro di benefici fiscali che hanno generato 60 miliardi di investimenti. A beneficiarne è stato soprattutto il settore manifatturiero, che lo scorso anno ha generato un export per 82 miliardi di euro. A nostro avviso vanno incentivati gli investimenti privati, per rigenerare i processi produttivi e aumentare la produttività. La transizione digitale ed ecologica garantirà maggiore sostenibilità, ci sarà più integrazione tra macchine e persone e questo significa necessità di investire nella formazione». È dunque il settore manifatturiero che giocherà un ruolo da protagonista nell’industria 5.0. In effetti in Veneto il valore aggiunto della manifattura è di 7.065 euro per abitante, superiore di quasi tremila euro alla media nazionale. Inoltre, come riportato dal Sistema statistico regionale, in Veneto, il 23,9 per cento del totale addetti lavora in questo settore, contro il 15,6 per cento nazionale. Ma è facile immaginare che anche il primario investirà sempre più in tecnologia: se è di gennaio 2024 l’ultimo bando regionale che ha messo a disposizione fondi Pnrr per la modernizzazione dell’agricoltura, le risorse del Piano 5.0 saranno accessibili anche alle aziende agricole che vorranno investire in beni materiali e immateriali nuovi, purché sia garantita una riduzione dei consumi. A conclusione dell’incontro di sabato, ha preso la parola il ministro Adolfo Urso che ha fornito alcuni dati del nuovo decreto: «II 10 per cento delle risorse è destinato alla formazione dei lavoratori. Gli investimenti seguiranno due binari: 6,4 miliardi di euro saranno messi a disposizione dal Governo, mentre 6,3 sono fondi europei, più 320 milioni a fondo perduto per le piccole e medie imprese. Complessivamente ci sono dunque oltre 13 miliardi di euro che dovranno essere investiti soprattutto nell’efficientamento energetico, è quello il nostro faro. Se le imprese producono autonomamente l’energia di cui hanno bisogno, possono essere indipendenti dal mercato e si garantiscono la continuità produttiva. I pannelli fotovoltaici che saranno impiegati non dovranno essere importati dalla Cina: i nostri sono più efficienti e in linea con gli standard che verranno adottati anche in Europa».

Lavoratori con conoscenze digitali

Il ministro Adolfo Urso ha aggiunto che «a differenza dei piani precedenti, un 10 per cento dei fondi è destinato alla formazione dei lavoratori, perché le competenze sono il fattore che fa la differenza». Prendiamo, per esempio, le competenze dei lavoratori nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict), l’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, fa presente che nel 2021 la percentuale dei dipendenti con conoscenze digitali almeno di base in Italia era pari al 58,6 per cento (in Francia al 70,4 per cento). Per l’associazione è un valore che difficilmente potrà migliorare: nel 2022 le imprese che hanno fatto formazione per sviluppare o aggiornare le competenze Ict del proprio personale sono state il 19,3 per cento, la media Ue è del 22,4 per cento.

Il digitale sarà chiave della transizione

Digitalizzazione è la parola chiave della transizione 5.0. Grazie a dati, algoritmi e software avanzati sarà possibile adottare modelli produttivi e gestionali più efficienti e, quindi, più competitivi. L’ammodernamento dei processi, inoltre, avrà come diretta conseguenza una maggiore sostenibilità e l’avvio verso la transizione ecologica. Le imprese 5.0 produrranno autonomamente l’energia di cui hanno bisogno, riducendo l’impatto ambientale e slegandosi dal mercato energetico.

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