Idee
Le parole non sono mai banali. Con esse diamo nomi e strutture alle persone e al mondo. Allo stesso tempo, esse danno forma alla comprensione di quanto viviamo. Il nostro tempo è pieno di parole: dette, scritte, messaggiate. Tra le caratteristiche della nostra società c’è un brusio di fondo, che non smette mai, così come non spegniamo mai il nostro cellulare.
Ecco perché abbiamo bisogno di una particolare custodia delle parole e non dobbiamo dimenticarci di riflettere su ciò che diciamo o ascoltiamo. Dobbiamo tornare a domandarci se una frase, magari ben detta e a effetto, è vera o solo plausibile, o magari falsa. Dobbiamo anche interrogarci sulle conseguenze delle parole e sulle responsabilità che ci impongono.
Tutto ciò vale in modo particolare per il dibattito oggi in corso sull’intelligenza artificiale. È abbastanza facile sentire frasi del tipo: “queste macchine parlano” o “ChatGPT mi ha risposto”. Spesso il dibattito poi cade sul confronto tra la nostra intelligenza e quella delle nostre macchine, sulla questione circa la loro capacità di avere una coscienza e di essere capaci di decidere. Non pochi hanno chiesto a qualche sistema se crede in Dio. Qualcuno ringrazia la macchina alla fine di una conversazione. Nel mondo del lavoro ormai si parla dell’IA come di un collega di lavoro. Molti nostri ragazzi gli confidano le loro pene e i loro primi turbamenti amorosi in modo ancor più intimo di quanto farebbero con il loro più grande amico. Lo stato americano dell’Ohio sta discutendo una proposta di legge che vieti il matrimonio tra umani e IA.
Comprensibilmente tutta questa narrativa genera perplessità e preoccupazione, in qualcuno anche una vera e propria paura, e si spendono infinite energie – e parole! – per ragionare su questi temi. Raramente però ci si pone la domanda essenziale: queste affermazioni sono vere? Fino a che punto corrispondono alla realtà?
L’IA è intelligente? No! È solo capace di emulare in modo molto efficace alcuni processi della mente umana. L’IA mi parla? No! È però capace di emettere stringhe di testo che a noi umani appaiono sensati. L’IA dà consigli giusti? No! La macchina sintetizza frasi nella forma di suggerimenti che sono frutto della media di ciò che ha trovato in rete, confezionata con un particolare attenzione ai nostri gusti e peculiarità. Non c’è nessuno dall’altra parte che pensa, mi ascolta, si preoccupa di me, mi aspetta per continuare a dialogare insieme. Con l’IA non fate nessuna pausa caffè.
Per descrivere La raffinatezza e gli incredibili risultati dei sistemi di IA usiamo con facilità parole che sempre abbiamo riferito all’esperienza umana: intelligenza, volontà, coscienza, ascolto, linguaggio… Non dobbiamo però dimenticare che le usiamo solo in modo analogico, cioè ben consci della differenza, del fatto che tali termini non descrivono esattamente la realtà delle cose ma ci aiutano a interpretare fenomeni che non sappiamo descrivere in modo migliore.
Se prestassimo davvero attenzione alle parole, dovremmo riconoscere che una discussione sul primato dell’intelligenza umana su quella artificiale non porterà a grandi frutti perché è impostata male in partenza. Chi di noi si appassionerebbe a un dibattito sulle differenze tra la dolcezza del miele e dei gesti della persona amata? Stessa parola ma due contesti chiaramente diversi che impediscono raffronti spregiudicati e inconcludenti.
Le capacità dei sistemi di IA sono davvero impressionanti; il modo con cui emulano alcune nostre attitudini e la facilità (tutta programmata) con cui noi possiamo utilizzarle (certo non relazionarci!) pongono certamente molte questioni gravi e complesse. Il modo migliore per affrontarle e tentarle di risolvere è quello di guadagnare una chiarezza di linguaggio frutto di una comprensione realista di ciò che stiamo vivendo.
La prossima volta che fate una domanda a ChatGPT non iniziate con “per favore” e non concludete con “grazie”. Ricordatevi che queste macchine sono sempre più simili al vostro frigorifero che a colleghi, amici e parenti.