FattiL’edilizia è di nuovo in crisi? Solo pochi anni fa, la grossa spinta impressa dagli incentivi governativi agli interventi edilizi, il Superbonus e poi il Pnrr sembravano averne sancito la rinascita, tanto che il leit motiv era la lamentela sulla mancanza di manodopera per il settore.
Ora l’Osservatorio italiano dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, ha rilevato nel 2024 un calo del 5,3 per cento del fatturato nel settore. Monica Grosselle, presidente di Ance Padova, associazione che quest’anno compie 80 anni, conferma e lancia un allarme preoccupato: «L’effetto del Superbonus è terminato e ha lasciato gli strascichi che sappiamo, mentre l’onda lunga del Pnrr ci terrà impegnati fino al giugno del 2026, ma poi si andrà esaurendo. E la mancanza di manodopera è ancora un problema attualissimo, che tuttavia non affligge solo il nostro settore ma molti altri comparti»• Il taglio agli incentivi quanto è rilevante per il vostro settore? «Molto, perché allo stop al Superbonus si aggiunge una situazione di contrazione finanziaria che è un forte freno alla riqualifica degli edifici esistenti. Eppure questa è quanto mai necessaria, vista la direttiva europea green che ci impone di arrivare alla neutralità energetica come nazione entro il 2050, ma per Padova, smart city candidatasi come città front runner, addirittura entro il 2030». A soffrirne che tipologia di impresa è? La grande o la piccola? «Nel nostro settore, e comprendo anche la parte artigiana, le piccole e micro aziende sono l’80 per cento; quelle associate Ance hanno di media 4-5 dipendenti. I lavori di ristrutturazione immobili hanno dato lavoro in particolare proprio a queste aziende: in effetti, la difficoltà a cantierare che vediamo oggi riguarda soprattutto le piccole imprese». Voi insistete molto anche sulla questione dell’edilizia popolare… «Da anni non si fa una reale politica interessata a questo tema, come Ance riteniamo invece che, per avere una vera rigenerazione del territorio, la sostenibilità non si possa intendere solo come ambientale, ma anche come economica e sociale. Serve eliminare le forti diseguaglianze e dare accesso al credito e all’edilizia agevolata a costo contenuto alle famiglie meno abbienti, così come pure a quelle dei migranti, che sono la futura manodopera nelle nostre aziende. Per questo si deve presupporre una forte sinergia tra i settori pubblico e privato, il quale ha bisogno di avere alcune certezze per poter poi investire». Come cambia l’edilizia oggi? «Evolve, così come cambiano le esigenze della popolazione. Oggi, per esempio, ci sono famiglie sempre meno numerose, spesso monocomponenti, e una popolazione sempre più anziana: servono forme di co-housing a sostegno di giovani e anziani che cercheranno unità più piccole e a costi contenuti, magari con maggiore attenzione a spazi comuni condivisi per soddisfare le esigenze di socializzazione». Un calo dei costi può venire dai materiali innovativi? «Il futuro sarà di materiali più performanti e sostenibili: il cemento oggi usato è invece tra i più energivori e inquinanti. La normativa stessa ci spinge verso i materiali riciclati: in Italia nelle commesse pubbliche devono essere al 30 per cento, in Germania sono al 70 per cento. Questo impone attrezzature costruttive d’avanguardia, pensiamo anche alle stampanti 3D: le piccole imprese potranno accedervi solo se adeguatamente supportate».
Gli incentivi per le ristrutturazioni sono in calo in Italia. Riprenderanno vigore? «Ci sono poche speranze –spiega Grosselle – e la prima bozza per la Finanziaria li prevedeva al 30 per cento, poi sono rimasti al 50 per cento, da spalmare in dieci anni. Manca anche una forma di supporto per i giovani, che oggi trovano affitti alti, ma non riescono nemmeno ad accedere ai mutui».
