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Mappe IconMappe | Mappe 11 – La città del futuro – dicembre 2022

martedì 20 Dicembre 2022

L’era della villetta padovana è in crisi. Cambiano i modelli urbanistici

Nel corso del Novecento il modello urbanistico è cambiato più volte, dalle città industriali alla città diffusa. Anche il Veneto ragiona sul cambiare pelle. 

Gianluca Salmaso

Secondo gli esperti del 1894, Londra avrebbe dovuto spopolarsi entro 50 anni. Oltreoceano, a New York, nel 1898, una conferenza internazionale di urbanistica metteva al centro del dibattito l’aumento esponenziale del numero dei cavalli. Alla storia passerà come la “grande crisi del letame di cavallo”, metafora di come i problemi che oggi sembrano insormontabili di fatto siano già consegnati alla storia da un’innovazione di cui, magari, non abbiamo ancora capito le potenzialità. Se, infatti, alla fine del diciannovesimo secolo ciò che sembrava impossibile era conciliare le necessità di alimentazione con lo smaltimento delle deiezioni dei cavalli usati per il trasporto senza aumentare ulteriormente il numero delle bestie in città, oggi troviamo abbastanza surreale il fatto che nessuno avesse colto le implicazioni del primo viaggio in automobile avvenuto nel 1888. Anche il Veneto sta affrontando un’ennesima transizione: nel corso del Novecento il modello urbanistico è cambiato più volte, dallo sviluppo delle città industriali alla città diffusa del piccolo è bello all’insegna del “casa e capannone”. Ora la pandemia e i mutamenti del contesto economico hanno finito per rimettere tutto in discussione: «Dobbiamo ancora vedere verso cosa si stia andando – chiosa Michelangelo Savino, docente di tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università di Padova – Il modello culturale resiste ma viene messo in discussione dalle famiglie che registrano costi e iniziano a porsi delle domande».

Città o campagnaUna villetta a piani sfalsati, in periferia, con il garage e la taverna col caminetto: un prototipo di abitazione noto come “alla padovana” così frequentemente replicato da aver colonizzato paesi e frazioni diventando status-symbol di una borghesia urbana riparata in periferia, nella cintura. «La cultura che accompagna il modello insediativo si è consolidata nel corso del tempo. Cambia, sta cambiando ma in maniera molto lenta – spiega il docente – Non abbiamo capito bene cosa ci sta succedendo in questi anni, non abbiamo capito neanche se da un punto di vista pandemico tutto considerato sia meglio abitare in una casetta singola e isolata o in un complesso urbano. Si è detto che l’abitare in campagna ha reso più facile la vita delle persone durante il lockdown, ma molto spesso è emerso come non fosse tanto l’abitare in condominio quanto piuttosto la qualità dell’alloggio a essere negativa perché non costruito per ospitare, per esempio, lo smart working». L’esperienza della pandemia ha segnato una prima crepa, la crisi energetica di questi mesi ha allargato la frattura. «Qualcosa sta cambiando nella cultura ed è legato ai costi del modello abitativo veneto tradizionale – seguita Michelangelo Savino – Costa di più costruirsi una casa nei piccoli centri perché diventa difficile accedere ai servizi, bisogna ricorrere al mezzo privato per muoversi».

Automobile e mobilitàLa città continua si muove su gomma: prima bastava un’auto per famiglia, poi due, oggi è una necessità averne una per ogni componente. Se le periferie si congestionano, le città si riorganizzano intorno a una mobilità sostenibile. «All’interno di molte nostre città i Comuni si stanno attrezzando in tal senso, come Padova, aumentando la rete tramviaria o quello che sta facendo Verona con la filovia o il tentativo di creare sistemi di mobilità integrata sfruttando la ciclabilità – chiarisce Michelangelo Savino – La maggior parte del territorio della nostra Regione viene percorso da mezzi privati ad alto impatto ambientale, in Veneto siamo ancora indietro su iniziative come il car sharing (l’utilizzo di un auto a noleggio, ndr) e il car pooling (un utente mette a disposizione la sua auto da condividere con altre persone, ndr) di fronte alle quali non servono solo investimenti e politiche ma serve anche una forte educazione alla mobilità dei residenti». Anche le soluzioni finiscono per essere difficilmente integrabili: l’elettrificazione dei trasporti, d’attualità nei centri della pianura, è ancora relegata quasi alla fantascienza nelle aree interne e montane del Veneto. Se da un lato, infatti, si parla di portare nella nostra Regione sistemi di trasporto ad altissima velocità come il treno da 1.200 chilometri orari di Hyperloop, la mobilità di merci e persone è ancora una faccenda a benzina o gasolio prettamente individuale che difficilmente, da codice della strada, di chilometri orari ne può fare più di 50.

Turismo e altre sfideLo diceva già Marco Paolini nel suo celebre spettacolo teatrale Il Milione: «Il turismo è un’industria pesante». Il turismo, infatti, necessita di molta manodopera, ha un forte impatto sul tessuto urbano delle città e si articola su infrastrutture dedicate. «Il turismo sembra il settore che può risolvere tutte le crisi del sistema industriale, dell’agricoltura – chiosa il professor Savino – I Comuni che devono svilupparsi puntano sul turismo che in alcuni casi viene costruito in modo intelligente, combinandolo con le produzioni agricole, in altri casi viene fatto in modo banale sfruttando la bellezza del paesaggio per richiamare turisti». Una bellezza che passa anche dai centri storici delle nostre città, ricchissimi di monumenti ma anche di “relitti urbani”, come li chiama Stefano Zaggia professore associato in Storia dell’architettura all’Università di Padova. Vecchie caserme, stabili ormai in disuso che, se rigenerati, acquistano nuova vita e dignità. Un ruolo questo che vede in prima fila proprio le università, sempre alla ricerca di spazi da destinare ad aule e dormitori, e la grande distribuzione organizzata. È la città dei 15 minuti che richiede come prima cosa la prossimità di servizi e, assieme a una politica favorevole, porta alla proliferazione delle cosiddette medie superfici di vendita, la versione contemporanea dei casoini. «Nella nostra Regione, per quanto ci sia ancora un forte inquinamento e consumo di suolo, è molto cresciuta la sensibilità alle questioni ambientali – conclude il docente – Questo inciderà sulla mobilità e sulle espansioni residenziali: siamo in una fase di transizione nella quale la popolazione sta cambiando atteggiamento sia rispetto al modello insediativo del passato, sia rispetto a modelli “dissipativi” a livello ambientale dei decenni scorsi. Quello che fa la differenza rispetto ad altre regioni è il ritmo, altrove è più veloce». Il Veneto, insomma, nonostante tutto sta cambiando davanti ai nostri occhi. Cambiamenti ancora tutto sommato silenziosi, come il vicino di casa che cambia il suv a gasolio con uno elettrico, l’altro che installa i pannelli fotovoltaici sul tetto della rimessa. E se questa stagione passasse alla storia come la grande crisi della villetta alla padovana?

Spostarsi a mille km all’ora

Milano – Venezia in una ventina di minuti. Venezia – Napoli nel giro di un’ora. Siamo ancora nel campo della fantascienza, ma in Veneto si studia Hyperloop, la mobilità ideata una decina di anni fa da Elon Musk per il trasporto ultrarapido a guida vincolata di merci e persone tramite capsule che viaggiano in sospensione in tubi d’acciaio. Entro giugno 2023 lo studio di fattibilità per partire nel 2026.

La città come una calamita attrattiva

«In termini globali, è dagli anni Duemila che la maggior parte delle persone sul pianeta Terra vive nelle città – spiega il prof. Stefano Zaggia dell’Università di Padova – In precedenza non era così e si assiste a una continua attrazione della città nei confronti dei piccoli borghi e dell’abitare disperso».

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