Storie
L’ospitalità e l’accoglienza sono di casa… a Ca’ Edimar
20 anni di vita. Una comunità familiare e presente, “un villaggio” che dal 2001 ha saputo aprire le braccia per sostenere la vita di ragazzi e nuclei in difficoltà
Storie20 anni di vita. Una comunità familiare e presente, “un villaggio” che dal 2001 ha saputo aprire le braccia per sostenere la vita di ragazzi e nuclei in difficoltà
L’ospitalità è un bene e nessuno dev’essere lasciato solo. Nasce da questa convinzione l’esperienza di Ca’ Edimar, la comunità di accoglienza che quest’anno festeggia 20 anni di vita, anniversario celebrato anche dal vescovo Claudio che ha partecipato alla festa del 17 settembre.
Anima e “papà” – ora più nonno, in realtà – di Ca’ Edimar è il presidente Mario Dupuis: «Il mio maestro don Luigi Giussani mi ha insegnato che la persona è un bene infinito, un mistero e va trattata come tale. Si risponde a bisogni, ma si lavora per far affermare l’attività dell’io e della persona. Edimar è un’esperienza continua, è più dell’affido. Qui non si distinguono gli accolti dai figli naturali. Un ragazzo viene accolto e amato per quello che è e i cambiamenti si vedono anche dopo anni: ci contestavano, ci mettevano alla prova, volevano essere amati come ci ama Dio. Ci vuole il coraggio di cambiare e il 90 per cento di cosa fare l’ho capito dalle loro parole: “mi pare di essere un pacco”, “veniamo ma non aspettatevi nulla da noi”. Era questa la sfida della loro libertà, la richiesta era “lasciateci fare il nostro cammino”. Poi è arrivato “qui mi sento voluto” e questo è il miracolo vero dell’ospitalità. Anche il vescovo ha notato che non si distinguono i figli naturali dagli accolti».
Nel 1996 nasce Edimar, associazione di volontariato, frutto dell’incontro tra un gruppetto di famiglie e di adulti e un gruppo di imprenditori padovani con il desiderio dare risposta ai bisogni umani e sociali dei ragazzi. È l’inizio delle prime esperienze di accoglienza diurne e di affidi che nel 2001 porta a Ca’ Edimar, la prima comunità familiare, dove vanno a vivere due famiglie con un primo piccolo gruppo formato da cinque adolescenti. Qui trovano spazio anche nuove attività educative e formative che nel tempo diventeranno una scuola professionale vera e propria. Una tappa importante è il percorso della scuola di cucina e di panificazione concluso nel 2013, poi l’esperienza si allarga e diventa “Il villaggio delle famiglie”: «L’obiettivo è quello di fornire un sostegno ai nuclei in difficoltà nell’assolvere il proprio compito educativo – spiega Mario Dupuis – accogliere e sostenere i giovani con una famiglia fragile o assente e accogliere e supportare i nuclei familiari deboli, soprattutto madri con figli, oppure adulti rimasti senza un ambito familiare di riferimento. Il Villaggio delle famiglie diventa così un luogo di accoglienza temporanea, diurna o residenziale, per bambini e ragazzi, ma anche un luogo dove si offre un supporto allo studio: dall’aiuto nei compiti alla proposta di laboratori per sviluppare interessi e attitudini. Nello stesso tempo viene favorita la compagnia e il reciproco aiuto tra le famiglie».
La famiglia di Mario Dupuis ha animato Ca’ Edimar per 17 anni e da tre il testimone è passato a uno dei figli che ha scelto di continuare l’esperienza convinto che un luogo in cui vivono delle famiglie consenta un clima più accogliente e dia un senso di stabilità all’opera. Oggi a Ca’ Edimar, in via Due Palazzi a Padova, ci sono quattro comunità: una famiglia che accoglie sei ospiti e due figli; una comunità educativa con otto ragazzi stranieri; un appartamento di “sgancio” per maggiorenni in cui vivono in sei; una foresteria per mamme e bambini. Da questa foresteria sono passate tante donne, ora ce n’è una con due figli e la piccola Narim che ha tre anni, è nata proprio qui. «Oggi mia moglie e io siamo diventati i nonni che aiutano – chiosa il presidente – e nel tempo è stata molto importante anche la collaborazione dei nostri due figli, che raccoglievano confidenze che altrimenti non ci sarebbero mai arrivate. Ca’ Edimar vive, si trasforma continuamente seguendo le richieste della comunità. Adesso puntiamo sul parternariato con altre realtà sociali di Padova, perché sarebbe un grande segno per la città: una testimonianza di una collaborazione tra opere».
Nel 1995 muore Anna, una bambina cerebrolesa. È un’esperienza decisiva per papà Mario e mamma Daniela, per tutta la famiglia Dupuis e per quelli che la circondano. È l’inizio di un cammino che nel tempo ha coinvolto una rete di amici, un sostegno concreto che ha permesso di allargare l’esperienza di accoglienza: «Un’asfissia da parto le aveva distrutto subito metà del cervello, non si è mai mossa e dopo quindici anni se ne è andata – racconta Mario Dupuis – La vita con Anna, la fatica umana che ci ha accompagnato per accudirla ogni giorno, ci ha, molto lentamente, obbligato a una domanda sulla realtà la cui risposta non era scontata perché eravamo cristiani. Guardando il volto sofferente di una bambina, seguendo quello sguardo abbiamo lentamente cominciato a capire che Anna c’era per affermare che il Mistero è tutto, che la positività ultima di quella vita, che il desiderio di felicità e di bellezza non era spento in quell’essere tormentato dal limite della carne, ma era misteriosamente presente. Così la carità è iniziata a essere un cammino dello sguardo e darle da mangiare, o farle fare esercizi perché si muovesse un po’, per noi e per gli altri che venivano ad aiutarci, era molto di più che rispondere a un bisogno, era adorare, come dice il filosofo Emmanuel Mounier nelle sue Lettere su dolore».
Un esempio potente, una riflessione profonda quella della famiglia Dupuis e della sua rete di amici, che ha saputo cogliere l’essenza, trasformare in dono una prova difficile: «Insieme ad altri amici che ci avevano accompagnati negli anni di esperienza con Anna, non abbiamo voluto Ca’ Edimar in onore e ricordo di nostra figlia anche perché, altrimenti, avremmo fatto un’opera per disabili – sottolinea Dupuis – ma perché il metodo di vita a cui Anna ci aveva liberamente costretti potesse continuare a farci scoprire la bellezza del Mistero che vuole irrompere nella vita di ogni uomo».
Trasformare in dono, in solidarietà e in attenzione all’altro, quella che a un primo sguardo appare come una grave disgrazia, è l’insegnamento che arriva da Ca’ Edimar.
Edimar è il nome di un menino de rua (bambino di strada, in portoghese) brasiliano che viveva come un piccolo bandito. La sua vita è cambiata dopo l’incontro con un’insegnante che si era rivolta a lui come mai nessuno prima: «Tu non mi fai paura». Parole che hanno segnato in modo indelebile la sua vita, cambiandolo a tal punto da essere ucciso dal capobanda perché non voleva più delinquere.