È in libreria per San Paolo Edizioni il nuovo libro di don Fabio Rosini, sacerdote romano, biblista, docente di comunicazione e trasmissione della fede alla Pontificia Università della Santa Croce, voce ascoltatissima da migliaia di giovani in Italia. “Ma anche no. La sfida della complessità e l’arte dell’et‑et… per salvarsi dalle assolutizzazioni e dalle banalizzazioni” è il titolo del volume che vuole offrire delle risposte di senso alla mentalità dominante, fatta di polarizzazioni, rigidità e semplificazioni. Oggi non si è più in grado di cogliere le sfumature e si è portati a ragionare in termini categorici.
“Tutto è bianco o nero, giusto o sbagliato, buono o cattivo. Abbiamo perso la capacità di abitare la complessità – spiega don Fabio raccontando la genesi del libro –. Viviamo in una cultura che o assolutizza o banalizza. O idolatra o distrugge. Ma la verità cristiana non funziona così”.
Non si tratta di un “aut‑aut”, vale a dire “o… o”, che indica una sola alternativa ed esclude l’altra, ma di “e… e”, che denota comunione e inclusività. “È questo che ho scoperto e mi ha affascinato nei miei primi studi di teologia, da giovane convertito venuto dall’ateismo”. Il Concilio Vaticano II, tra le altre cose, si pose l’obiettivo di riportare la Rivelazione e la Parola di Dio al centro del messaggio e della vita della Chiesa. Da qui scaturì la Costituzione dogmatica “Dei Verbum”. “Si discuteva di come Dio si fosse rivelato – ricorda don Rosini –: solo nella Scrittura o anche nella Tradizione? La risposta fu: ‘e‑e’. Perché il cattolicesimo non è fatto di ‘in parte’, ma di pienezza. Cristo è ‘vero Dio e vero uomo’. La Chiesa è ‘umana e divina’. L’uomo è ‘creatura e figlio di Dio’. Non si possono scindere questi poli senza tradire il mistero”.
Una visione armonica e complessa
A simboleggiare questa visione complessa e armonica, sulla copertina del libro c’è la foto del pavimento cosmatesco di San Giovanni in Laterano. “Un intreccio di colori, forme e simboli – osserva il sacerdote – che rappresentano la Trinità: tre Persone, una sola sostanza divina. L’unità nella differenza”. Ecco spiegata l’“arte dell’et‑et”, cuore del volume articolato in 11 capitoli per 250 pagine. È un antidoto alla “dittatura del dettaglio”, come la definisce don Fabio, “disturbo schizoparanoide diffusissimo. Si assolutizza o banalizza tutto, mettendosi in una logica di svalutazione”.
Da dove parte l’idea di un libro, e di questo in particolare? Rosini prende ispirazione dalla realtà che lo circonda, da un problema che si pone in quel determinato momento e che, per il bene delle persone, è necessario affrontare.
Il tema viene quindi sviscerato nelle catechesi mensili proposte con il conforto di esecuzioni musicali da parte di membri dell’Orchestra di Santa Cecilia. Esse diventano poi trasmissioni radiofoniche diffuse da Radio Vaticana e, “valutata l’efficacia dell’argomento”, diventano un libro. “È sempre un percorso di ascolto, confronto, limatura – riflette il sacerdote –. Non parto mai da un’idea astratta. Ogni mio libro nasce da una necessità concreta”.
Dal problema alle soluzioni
Lo stesso processo ha dato vita ai volumi precedenti: “L’arte di ricominciare. I sei giorni della creazione e l’inizio del discernimento”, “L’arte di guarire. L’emorroissa e il sentiero della vita sana”, “L’arte della buona battaglia”, solo per citarne alcuni. In questo nuovo testo l’indice è posto all’inizio, proprio per permettere al lettore di orientarsi subito.
“Il percorso è chiaro, dal problema alle soluzioni – dice –. Distacco, elemosina, autoironia, astinenza e digiuno, preghiera, misericordia, la santa pigrizia, sono strumenti per imparare a non prendere tutto troppo sul serio, soprattutto noi stessi”.
Per rendere chiara la realtà della nostra epoca ipersensibile e iperconnessa, prende come esempio quello che è diventato l’incubo di molte famiglie: la chat delle mamme. “Se vuoi capire cos’è l’inferno – le parole di Rosini – entra in una chat delle mamme di scuola. Tutto è esagerato, tutto è troppo. È il segno che siamo malati di estremi”. Tornando al titolo del libro, che si presenta come una dichiarazione teologica, a cosa don Fabio dice “Ma anche no”? “Dico ‘anche no’ a una spiritualità sacrificale dove tutto è sangue, sudore e lacrime. Dove tutto è coerenza, dovere, sforzo. Queste cose si fanno per innamoramento, non per impegno. Senza amore diventano pesi insostenibili”.