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Microplastiche e nanoplastiche. Invisibili ma lasciano il segno
Una ricerca su tre marche d’acqua vendute negli Stati Uniti ha fatto rilevare circa 240 mila frammenti in un litro. Tra le plastiche individuare c’era il Pet
MosaicoUna ricerca su tre marche d’acqua vendute negli Stati Uniti ha fatto rilevare circa 240 mila frammenti in un litro. Tra le plastiche individuare c’era il Pet
Le microplastiche sono talmente diffuse che è stata documentata la loro interazione con i processi biologici, il che desta grande preoccupazione sulla loro potenziale tossicità sulle cellule animali e vegetali e sulla possibilità che raggiungano gli esseri umani attraverso l’alimentazione. È questo il risultato di una ricerca internazionale sul percorso delle microplastiche, condotta anche da ricercatori dell’Enea e del Cnr, in cui sono stati valutati in laboratorio gli effetti di microparticelle di polietilene, una materia plastica molto diffusa su organismi d’acqua dolce, vegetali e animali. La ricerca ha interessato una piccola pianta acquatica e un piccolo crostaceo d’acqua dolce di cui si nutrono le trote; i risultati hanno dimostrato l’assenza di effetti tossici delle microplastiche sulle piante, che però le hanno accumulate sulle radici e così trasferite ai crostacei che le mangiano e che le reintroducono nell’ambiente come escrementi. La ricerca ha anche mostrato che le microplastiche agiscono sul Dna, il che significa che interagiscono con le funzioni degli organismi e, agendo sulla catena alimentare, possono arrivare al patrimonio genetico degli ecosistemi. Le microplastiche possono “inquinare” l’organismo umano anche attraverso la dispersione dei contenitori. Una ricerca condotta dai ricercatori della Columbia University di New York, utilizzando una nuova tecnica sofisticata di indagine, su tre famose marche di acqua in bottiglia vendute negli Stati Uniti, ha permesso di rilevare circa 240 mila frammenti di micro e nanoplastica in un litro di acqua, un dato da 10 a 100 volte superiore rispetto alle stime precedenti. Il 90 per cento dei frammenti erano nanoplastiche (inferiori a 1 μm/micrometro) e il resto microplastiche (particelle con grandezza variante da 1 μm a 5 μm). Questa “scoperta” è decisamente preoccupante per la salute, perché le nanoplastiche possono entrare facilmente nel corpo umano a causa delle loro ridotte dimensioni. Tra le plastiche individuate dagli scienziati c’è il polietilene tereftalato che tutti conosciamo come Pet: le nanoparticelle si formano quando apriamo e chiudiamo il tappo, se una bottiglia resta al sole, se viene schiacciata. Scegliere l’acqua in vetro, utilizzare borracce ricaricabili, usare meno prodotti possibili di plastica è necessario, per metterci al riparo dal pericolo di queste particelle microscopiche che vengono rilasciate nell’ambiente. Le loro dimensioni non ci consentono di avere coscienza immediata della loro pericolosità, ma è accertato – e confermato dall’Istituto superiore di sanità – che causano allergie, infiammazioni e accumulo di metalli pesanti. Le microplastiche si trovano nel sangue umano, nei polmoni e nella placenta e uno studio condotto dalla Vrije Universiteit di Amsterdam afferma che la presenza nel sangue è 10 volte più alta nei bambini rispetto agli adulti. E dimentichiamoci i glitter che sono fatti col Pet!