Idee
“Siamo sull’orlo di un precipizio. Sta a noi decidere se compiere un passo in avanti e cadere giù nella follia oppure fare un passo indietro. Speriamo si decida di intraprendere l’unica strada per un futuro possibile”. Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, usa queste parole per commentare l’annuncio dato dal presidente Usa Donald Trump di aver dato l’avvio immediato di test di nuove armi nucleari, in risposta a quanto stanno facendo altri Paesi. In un post su Truth da Gyeongju, in Corea del Sud, prima del suo incontro con il leader cinese Xi Jinping, il presidente americano ha scritto: “Dal momento che altri Paesi hanno programmi per testare (le armi), ho dato istruzioni al dipartimento della Guerra perché testino le nostre armi nucleari su eguali basi. Questo processo inizierà immediatamente”. Mons. Ricchiuti si sta preparando a celebrarel’80° anniversario del Movimento Pax Christi International. Per l’occasione si terrà a Firenze un incontro mondiale dal 5 al 9 novembre, sul tema “80 anni di costruzione di ponti per il futuro” che riunirà leader della Chiesa, teologi, operatori di pace e giovani attivisti da tutto il mondo, tra cui il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei.
Mons. Ricchiuti il movimento Pax Christi compie 80 anni ma le notizie che arrivano dal mondo parlano solo di armi e di guerra. Come se lo spiega?
Il mondo si sta riarmando. C’è poco da illudersi: siamo in pieno riarmo. Ogni giorno sentiamo parlare di un ritorno ad un passato, anacronistico e vecchio, che pensava di poter risolvere i conflitti con le armi nucleari. Mai avrei immaginato che gli 80 anni del Movimento Pax Christi International e i 70 anni del Movimento Pax Christi Italia, celebrati lo scorso anno, li avremmo vissuti in questo modo. Mai avremmo pensato che l’Europa, l’America e il mondo intero potessero lasciarsi nuovamente sedurre da un futuro che — come disse Papa Giovanni Paolo II — è un’avventura senza ritorno. Avevamo sognato con il Trattato ONU per la messa al bando delle armi nucleari, il mondo potesse imboccare una strada nuova. Invece non è così.
E’ la profezia dei popoli?
Non solo. In questi mesi, in queste settimane, in questi ultimi due anni, il popolo della pace sta davvero alzando la sua voce per dire “no” a questo futuro, “no” al riarmo, “no” a questa folle corsa verso il riarmo nucleare. Purtroppo, però, non siamo ascoltati. E mentre le istituzioni tacciono, nelle piazze, nelle strade, nelle chiese, nelle parrocchie, la gente prega, agisce, si impegna, per dire con forza: “No, non è questa la strada”. Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, si ricorda che la pace si costruisce con la pace, e non è disgiunta dai doveri della giustizia. Eppure, questa mentalità fatica ad affermarsi. Prevale ancora una mentalità bellica che non riesce a essere abbandonata. Non siamo ascoltati mentre appare sempre più evidente un paradosso doloroso.
La corsa al riarmo lascia indietro la scuola, le infrastrutture, la sanità, i sei milioni di italiani in povertà assoluta. E ci chiediamo: davvero questa è la strada giusta?
Che ruolo hanno i cristiani?
Dobbiamo continuare a parlare, a testimoniare, perché come cristiani siamo provocati dal futuro, da quelle parole evangeliche che annunciano futuro come “Verranno giorni… saranno chiamati beati…erediteranno la terra”. È un futuro che non deve spaventarci, ma spronarci ogni giorno ad andare avanti. Insomma, non dobbiamo cedere alla tentazione della rassegnazione, né all’idea che la guerra sia qualcosa di inevitabile.
Perché un altro mondo, una strada diversa, sono ancora possibili.
Se potesse rivolgersi ai grandi leader mondiali, a coloro che oggi detengono nelle loro mani le sorti dei propri popoli, cosa direbbe?
Vorrei lanciare innanzitutto un appello di umanità. Siamo in un tempo in cui è stata destituita l’umanità stessa. Occorre ritrovare l’umanità perduta. Farei poi un appello alla ragionevolezza, perché la guerra è disumana: ci spinge fuori dalla ragione, ci rende irragionevoli. Solo attraverso un ritorno alla ragione e all’umanità possiamo sperare di fermare questa follia. Noi, nel nostro piccolo, continueremo a impegnarci con la preghiera, con il pensiero, con le manifestazioni per la pace. C’è un popolo che prega e agisce per la pace.
Ai leader politici, direi: ritornate a essere umani, ritornate a essere ragionevoli, ritornate a essere capi di Stato e di governo che nella politica esercitano la più alta forma di amore per i propri popoli.