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Monselice. Cementifici, riconosciuta la malattia professionale
Monselice. Sentenza storica: la rendita Inail alla moglie di un lavoratore morto di tumore
Monselice. Sentenza storica: la rendita Inail alla moglie di un lavoratore morto di tumore
«Quando abbiamo iniziato a far notare un nesso tra la morte degli operai e i danni provocati dai cementifici, ci hanno dato degli avvoltoi – afferma Francesco Miazzi del comitato Lasciateci respirare di Monselice – Nemmeno i sindacati ci appoggiavano, ma noi non abbiamo mai smesso di percorrere il sentiero verso il diritto alla giustizia». Oggi, a distanza di anni, su quel sentiero si è accesa una luce, grazie a una sentenza che ha concesso a una vedova di beneficiare della rendita Inail per i superstiti, con arretrati e interessi legali, riconoscendo che la morte di tumore del marito, dipendente dal 1973 al 2011 di due ditte legate alla manutenzione dei siti industriali dei cementifici di Monselice e di Este, è stata causata da una malattia professionale. Non si tratta di un caso isolato: su oltre sessanta decessi di addetti al settore è caduto il sospetto di un danno provocato da amianto, polveri sottili, fumi contenenti metalli pesanti e diossine, considerando che per decenni si sono concentrate le produzioni di ben tre cementifici in un raggio di soli cinque chilometri. Mai però un tribunale lo aveva ammesso, poiché i tumori polmonari venivano attribuiti ad altre cause, come il tabagismo: «Arrivare al risultato di questa sentenza non è stato facile» ammette l’avvocato Stefano Zarabara che se ne è fatto carico. Avviata nel 2016, l’istanza istruttoria era stata respinta in primo grado dal Tribunale di Padova con una sentenza di rigetto conclusasi tre anni dopo. Ne è seguito un ricorso alla Corte di appello di Venezia che, in base alla seconda consulenza di un medico legale e alla testimonianza di chi ha descritto le mansioni del lavoratore, ha riconosciuto il diritto, ai superstiti, di essere risarciti dall’Inail. «Determinante per l’esito finale è stato soprattutto il constatare l’elevata esposizione al rischio – prosegue Zarabara – poiché si trattava di un manutentore che interveniva direttamente sull’impianto di produzione entrando a contatto diretto con le sostanze nocive. Quanto al tabagismo è stato considerato una concausa che in effetti non può essere disgiunta dal danno comunque riconosciuto». La sentenza apre un varco nella speranza dei familiari di altre vittime, che potrebbero abbandonare la titubanza, o la diffidenza, intraprendendo azioni in difesa dei loro cari deceduti. «Non si tratta comunque solo di cose passate – conclude Francesco Miazzi – poiché l’allerta per questo tipo di rischi è sempre alta. L’Arpav negli ultimi anni ha rilevato presenza di diossina alle pendici del Montericco, proprio dove si trova la scuola primaria Giorgio Cini, e anche se è rimasto solo un impianto la nostra azione di contrasto non si ferma».
Per i familiari delle vittime, il comitato Lasciateci respirare è stato aperto uno sportello al quale rivolgersi scrivendo una mail all’indirizzo lasciatecirespiraremonselice@gmail.com, o un messaggio al numero 349-8353348.