Idee
Nel cibo c’è accoglienza. Parlano Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasin
Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasin, tra gli ospiti della Cena, a Trieste si prendono cura dei migranti che transitano in Italia dalla rotta balcanica
Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasin, tra gli ospiti della Cena, a Trieste si prendono cura dei migranti che transitano in Italia dalla rotta balcanica
«La sofferenza che vediamo e tocchiamo nei migranti manifesta il problema di un mondo dove conta solo il denaro, dove la vita delle persone non vale niente. Le migrazioni mettono in luce questa cruda realtà, in cui decine di migliaia di persone muoiono nel mar Mediterraneo, nel deserto del Sahara, nei Balcani spesso nell’indifferenza generale: queste vite valgono meno di quelle del nostro cane di casa». Parole dure, figlie di ferite curate, corpi nutriti e vestiti, lacrime asciugate e storie ascoltate, quelle pronunciate da Gian Andrea Franchi e dalla moglie Lorena Fornasir. La coppia è tra gli ospiti della Cena gratuita e per tutti e racconteranno la loro testimonianza al fianco degli ultimi. Questo loro straordinario impegno è iniziato nel 2015 a Pordenone, dove si sono trovati nel pieno dell’ondata migratoria proveniente dalla cosiddetta prima rotta balcanica che passava per la Serbia, la Romania, l’Ungheria e l’Austria. Hanno poi continuato nel 2018 a Trieste (dove si sono trasferiti per motivi familiari), fondando l’associazione Linea d’ombra. «È da quasi dieci anni che ci occupiamo di giorno e un po’ anche di notte di questo particolare fenomeno», dicono. Tutte le sere dell’anno si recano in piazza della Libertà a Trieste, davanti alla stazione ferroviaria dove, con l’aiuto di diversi volontari, soccorrono i migranti in arrivo dalla seconda rotta balcanica (che dalla Grecia passa dall’Albania, da Montenegro e dalla Bosnia), migranti che sono spesso in transito verso il nord Europa. Nel 2023 per questa zona sono passate circa 16 mila persone, di queste il 70 per cento sono di passaggio, assistite dai coniugi Franchi (nei mesi caldi possono arrivare fino a 200 persone al giorno). «C’è una rete imponente che ci permette di continuare il nostro aiuto – spiegano – A Trieste abbiamo rapporti con le associazioni che si occupano di migranti in accoglienza, ma quelli in transito sono a nostro carico». Gian Andrea e Lorena intervengono in base alla gerarchia di necessità: «La prima è la cura delle ferite, spesso infette con casi anche gravi. Poi il cibo, tema della serata in piazza della Frutta legato all’accoglienza, e ciò che serve per continuare il viaggio come scarpe e vestiario. Sono tre gesti di riconoscimento dei bisogni corporei della persona, non possiamo prescindere da questi. Successivamente ci si può parlare». Per i coniugi triestini c’è la necessità verso i migranti di «esserci, perché l’amore e il gesto della cura richiedono la presenza». E per loro svolgere questo servizio «è un atto politico, l’amore è un atto politico, è la capacità di mettersi al posto dell’altro. Riconosciamo loro il diritto di spostarsi e di vivere e che gli Stati possono essere violati per altri interessi». Per Gian Andrea e Lorena la questione migratoria che viviamo oggi è «l’annuncio della crisi mondiale che ci sarà nei prossimi anni, con migrazioni gigantesche. Se non cominciamo a pensarci seriamente, finiremo in un mondo dominato dalla violenza».