Fatti
Buone notizie. Tornano (seppur timidamente) le risaie nel Delta del Po e, soprattutto, retrocede (ma non del tutto) quello che i tecnici chiamano cuneo salino. Buone notizie, appunto, per dire che nonostante tutto l’agricoltura attenta all’ambiente e produttiva non demorde e riesce a vincere. Questione di tecnica e investimenti, certamente, ma anche di volontà di fare e fare bene.
Le due notizie sono state commentate, giustamente, insieme dalla Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). Perché il ritorno delle coltivazioni di riso nel Delta e la regressione del cuneo salino in quelle terre, vanno di pari passo. Per capire è bene iniziare dalla seconda circostanza.
Il cuneo salino è semplicemente il fenomeno per il quale l’acqua salata risale lungo gli ultimi tratti dei fiumi prima del mare e, di conseguenza, penetra nelle falde di acqua dolce. Con evidenti problemi non solo per le coltivazioni ma anche per gli abitanti. La risalita del cuneo salino è causata da una combinazione di fattori naturali (come la siccità, l’innalzamento del livello del mare, le mareggiate) e umani (l’urbanizzazione, la canalizzazione eccesiva, il forte prelievo di acqua dolce dalle falde). Il secco e il grande prelievo di acqua dolce pare siano, comunque, le due cause principali della risalita, dal mare a monte, dell’acqua salsa. Esattamente quanto è accaduto in questi anno nel Delta del Po. Ma quindi che fare? Il rimedio, detto in parole semplici, è portare l’acqua dolce che possa “spingere via” l’acqua salata. E’ quanto è stato fatto. Spiega l’ANBI in una nota: “L’avvio a fine primavera di un impianto irriguo presso l’idrovora Goro e l’ammodernamento della rete irrigua con un’infrastruttura tubata, lunga 3 chilometri, hanno ora portato garanzia di approvvigionamento idrico fino in località Bacucco (l’acqua di bonifica del canale Veneto)”. Si è, cioè, costruito quanto mancava. Certo, si è trattato di crederci ma soprattutto di investire. I lavori, progettati e realizzati dal Consorzio di bonifica Delta del Po, sono stati finanziati con 9 milioni e 800mila euro con risorse PSRN (Piano di Sviluppo Rurale Nazionale).
Così, il riso è tornato nel Delta del Po. Certo, un ritorno, come si è detto, timido, ma pur sempre un ritorno. Nel 2025, il computo delle risaie indica 595 ettari rispetto ai 475 del 2024. Poco si dirà, soprattutto tenendo conto che nel 2000 le risaie occupavano ancora 2150 ettari. Ma anche questo “poco” vale molto. “È il segnale di un’inversione di tendenza rispetto al calo pressoché costante, registrato da decenni; non è la fine del problema, ma la conferma di essere sulla strada giusta”, ha commentato Francesco Vincenzi, presidente di ANBI. Ed è proprio l’esser sulla strada giusta ciò che conta. Così come il ritorno di una coltivazione che nel Delta aveva una delle sue aree d’elezione. Per questo, il Direttore dell’ente consorziale, Rodolfo Laurenti, ha sottolineato: “Per il Delta del Po, 120 ettari di risaia in più significa aumentare la produzione agricola di qualità, ma anche riscoprire il paesaggio agricolo originario e quindi preservare la propria identità”. Già, produzione e identità, economia e umanità. “In questo caso – è stata la valutazione di Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – si sommano due questioni: preservare le aree umide dalla risalita del cuneo salino e valorizzare le zone interne, creando le condizioni per il permanere della popolazione, garantendone l’indispensabile presidio umano”. Questioni complesse che interessano tutti, come tutte quelle che toccano l’agricoltura e l’agroalimentare.