Mosaico
“Un gioco che le insegnava la sorpresa di esistere”: il dono di una poesia che non è poesia se la intendiamo come verso governato da rigide regole metriche, ma abbandonato ad un flusso continuo che alcuni possono chiamare prosa, racconto brevissimo, e che in realtà è altro. Nel caso di questo “Corpo di fondo” (perQuod, 80 pagine, 14 euro) di Lucianna Argentino, un “altro” che ricorda il frammentismo di primo Novecento, quando molti scrittori si misero alla ricerca di qualcosa che andasse oltre le categorie di prosa e poesia, e che le fondesse nel respiro del pensiero che si rivela in uno spazio non costrittivo.
Questo cammino senza limiti retorici e metrici origina dal dolore, perché Lucianna Argentino, poetessa che ha già scritto libri accompagnati dalle presentazioni di Dario Bellezza, Dante Maffia, Alessandro Zaccuri, sta facendo qui i salati, e per certi versi indicibili, conti con la scomparsa del padre.
Abbiamo detto indicibili, nei limiti di regole formali uguali a se stesse nel corso dei secoli, se non fosse che l’autrice si affida ad altro, ad una sorta di verso libero che invece di creare una poesia diviene flusso di coscienza, legame che va oltre le regole, diventando dicibile, trasmissibile, condiviso.
La bambina torna a suggerire all’orecchio del cuore della ormai donna antiche feste in cui gli spettri della solitudine sono messi in fuga dagli affetti, dalle feste, dalla coscienza di appartenenza e condivisione: “l’infanzia era lì che guardava l’angelo arrossire e piano si ritirava al suono delle campane di Ferragosto”. Antiche memorie di sospetti di solitudine e visione di affetti che erano senza enunciarlo a protezione di un’infanzia non ancora provvista di difese si fondono con lo sguardo sulle cose che si animano nelle stanze, come nei quadri di Casorati o De Chirico.
La presenza paterna è salva grazie ai ricordi che divengono un tutt’uno con un adesso sempre in fuga, e quel ricordo diviene segno di speranza e incontro nuovo, come quando egli prese tra le sue mani una rondine che sembrava stesse per morire e che invece “sbatte forte le ali e riprende il volo”. Memoria struggente e però costruttiva, che indirizza l’antica bambina verso la speranza in altro che non la mera materia.
Come scrive Argentino più avanti, sembra quasi che siano i corpi ad essere d’intralcio, perché ci pongono di fronte a dubbi e incertezze, mentre quella memoria ci aiuta a superare “il corpo delle cose”.
Per questo il tempo di “Corpo di fondo”, come suggerisce un frammento, è quello del gerundio, perché allude ad un cammino sempre in atto, in un ”attimo da santificare” che accetta la presenza umana di ciò che chiamiamo ieri e domani e che nello stesso tempo ci fa intuire bagliori d’altro nel dopo del nuovo incontro.
Un libro questo che ci aiuta a rifiutare le logiche del tutto è scontato in un universo fatto solo di materia. Come in Montale, l’eccezione, la diseguaglianza, la frattura nella simmetria sono la nuova visione del mondo, che ci aiuta ad andare oltre “l’inesplicabile trama della materia”.
Oltre le tentazioni del non senso, verso la speranza della ricongiunzione e della nuova felicità.