Idee
La scuola è iniziata da meno di due mesi, ma per gli alunni dell’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado si apre già la stagione delle “scelte”. In questi giorni, infatti, gli istituti di secondo grado spalancano le porte a ragazzi/e e famiglie per presentare l’offerta formativa e illustrare la propria mission.
In realtà, le iscrizioni per l’anno scolastico 2026/27 si apriranno non prima di gennaio, ma per “decidere il futuro” ci vuole tempo.
Gli Open Day negli anni si sono trasformati in vere e proprie kermesse,all’interno delle quali trovano spazio laboratori, esibizioni, mostre, “notti bianche” e flash mob. Ma sono sufficienti a chiarire le idee a ragazze e ragazzi di poco più di quattordici anni, alle soglie di un’età così complicata come l’adolescenza?
Certamente no. Proprio per questo vengono attuati nelle scuole “medie” dei percorsi di orientamento. Si organizzano degli incontri con studenti, studentesse e docenti delle scuole superiori nelle ore di lezione, si attivano sportelli orientativi, si somministrano batterie di test, si strutturano modelli didattici orientativi. Sono pratiche che accompagnano il percorso di studi dei giovani anche dopo la scelta della scuola superiore, in prospettiva delle carriere universitarie o professionali.
Fare orientamento oggi è “una priorità” e il Decreto ministeriale 63 del 2023 ha istituito delle figure specifiche all’interno del sistema con l’obiettivo di supportare gli studenti nel cammino formativo e metterli nella condizione di acquisire consapevolezza di sé stessi, della propria personalità, potenzialità, doti e aspirazioni.
E quindi… Il meccanismo funziona?
Insomma…
In realtà la percentuale delle scelte “incaute” o “sbagliate” da parte dei giovanissimi è ancora troppo elevata. Spesso le pressioni delle famiglie tendono a indirizzare i figli verso scuole che garantiscano una (presunta) adeguata preparazione, richiesta dal mondo del lavoro, o dal futuro percorso accademico. Altre volte i giovani dimostrano di essere troppo sensibili alle pressioni sociali, oppure scelgono la futura scuola “per imitazione” dei pari. C’è poi una grande promozione delle discipline STEM che sembrerebbero garantire nel futuro professioni con alte retribuzioni.
E qui urge una domanda: orientarsi bene significa scoprire la propria vocazione, oppure escogitare il modo più sicuro per guadagnare bene?
Il dubbio è “crudele”, soprattutto se inquadrato in uno scenario devastato dalla crisi occupazionale e dal precariato giovanile, e rischia di trasformarsi in un boomerang.
Il sistema, dunque, presenta significative avarie…
Di fatto, lo scorso anno scolastico, la percentuale più elevata di bocciature si è registrata fra gli studenti del primo anno delle superiori (8,1%). I dati sulla dispersione scolastica, inoltre, sono ancora elevati: nel 2023, il tasso di abbandono in Italia era del 10,5%, con picchi allarmanti nel Sud e nelle Isole (13,5% e 17,2%) rispetto al Nord (8,5%) e al Centro (7%). Per non parlare, poi, della “dispersione implicita”, cioè di quelle situazioni in cui nonostante la presenza di un titolo (diploma) il livello di competenza e di preparazione del “maturato” appare inadeguato rispetto alle richieste del percorso universitario o del mondo del lavoro.
In Italia – sempre secondo i rilevamenti Istat 2023 – circa 1,7 milioni di giovani (quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni) non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione (i cosiddetti Neet).
Al di là dei tentativi di innovazione, dunque, il sistema dell’orientamento non gode ancora di buona salute e la scuola non rappresenta più un “ascensore sociale”. Occorrono investimenti più seri e concertati tra istituzioni pubbliche, mondo del lavoro e scuola e un’apertura di pensiero maggiore da parte di educatori e docenti.
Siamo a un passaggio epocale di difficile interpretazione, ma il valore formativo della scuola non può essere travolto da logiche esclusivamente utilitaristiche. Occorre che al centro restino la crescita e lo sviluppo dell’essere umano.