Padre Antoine Alan: “L’Egitto è circondato da guerra e dolore da est ad ovest, il Giubileo è matrice di convivenza”
Padre Antoine Alan, francescano e vicario della Chiesa latina in Egitto, accompagna a Roma un gruppo di giovani rifugiati e cristiani egiziani. Dal Giubileo lancia un appello ai potenti perché la fraternità tra ragazzi diventi modello di pace. “Siamo tutti perdenti con la guerra: vogliamo tornare testimoni di speranza”.
Che il “modello Giubileo” possa essere adottato dai potenti del mondo per facilitare le relazioni tra Paesi. Lo auspica padre Antoine Alan, francescano, vicario generale della Chiesa latina in Egitto, che accompagna a Roma un gruppo di giovani da lui definito “internazionale”. Padre Antoine porta su di sé il peso di un Paese del Nord Africa circondato dai conflitti. “Siamo qui per riscoprire la nostra fede, rinnovarci e tornare in Egitto carichi di speranza: lo facciamo anche a nome dei confratelli che non riescono a venire. Ci auguriamo che questa esperienza sia una spinta per coinvolgere tanti altri a ritrovare la fede”. Padre Antoine si fa portavoce di tutto il gruppo: “non vediamo l’ora di accompagnare il Papa alla veglia sabato – dice – noi saremo tra quelli che apriranno il Giubileo”. E non è un caso: “veniamo da una terra biblica circondata dal conflitto – ricorda – ad est c’è Gaza e la Terra Santa martoriata, ad ovest la Libia e a sud il Sudan. Per questo abbiamo tra noi delle presenze di rifugiati. Veniamo da situazioni difficili e portiamo nel cuore queste preoccupazioni”. Il Giubileo è anche occasione per informare i giovani europei (e tutti coloro che non vivono in quella parte di mondo asiatico) della presenza importante dei cristiani in Medio Oriente e Nord Africa. “A volte incontro ragazzi che non sanno neanche che in Egitto ci sono i cristiani! E questa ignoranza fa più male del fondamentalismo”, aveva raccontato in un suo intervento qualche tempo fa il francescano. Oggi a Roma il suo sguardo è rivolto al futuro e ad un processo di pacificazione più che mai urgente: “una delle preghiere che faremo – racconta – sarà rivolta a tutto il mondo per la pace. La guerra non ha nessuna ragione d’essere ed è solo distruzione. Siamo tutti perdenti con la guerra. Io spero che una volta tornati a casa saremo ancora di più dei testimoni di pace”. L’Egitto, per la sua posizione strategica e per il confine con il valico di Rafah, è simbolicamente una luce e un varco di speranza anche verso Gaza. In questi giorni Egitto e Giordania hanno continuato ad inviare convogli umanitari e medici per alleviare la sofferenza dei palestinesi. Il sacerdote è convinto che il Giubileo della speranza, portando a Roma così tanti giovani che con relativa facilità creano legami di amicizia, sia un “modello davanti al mondo”. “Se regna l’amore – auspica il sacerdote – butta fuori odio e violenza! Questo pellegrinaggio giubilare è una matrice: insegniamo loro ad essere strumenti di pace nelle loro comunità di riferimento, una volta rientrati semineranno”.