Idee
Lo scorso 30 ottobre a Roma, presso la Libera Università Maria Ss. Assunta, si è svolta una lezione-incontro dal titolo “Mondi adolescenti. Una domanda che attende risposta”, organizzata da Libreria Paoline International e da Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium”, in collaborazione con l’Ateneo. Nel corso dell’evento i relatori hanno raccontato i diversi volti dell’adolescenza, età di grandi potenzialità, talenti e al contempo stagione di profondi disagi. Tra gli esperti è intervenuto lo scrittore ed educatore Eraldo Affinati, autore del libro “Per amore del futuro. Educare oggi” (San Paolo Edizioni, 2025). Il Sir lo ha intervistato.
Gli adolescenti oggi ci rivolgono molte domande, quali sono le più urgenti?
“Da una parte sono quelle di sempre: i ragazzi vogliono sapere come si diventa adulti, ma non te lo dicono mai apertamente, ti guardano e, anche se non ne sono consapevoli, restano influenzati da te, quindi genitori e educatori hanno una grande responsabilità nei loro confronti, in quanto quello che dicono o quello che sono può incidersi profondamente nella percezione dei giovani. D’altra parte oggi in particolare la rivoluzione digitale che tutti stiamo vivendo ci mette nella condizione di dover rinnovare l’esperienza della realtà. Dobbiamo far capire ai nostri figli, ai nostri studenti, che non tutto ciò che è presente in Rete possiede un valore. Bisogna avere in testa una bussola d’orientamento, altrimenti rischiamo di venire travolti dalla marea informativa e non distinguiamo più ciò che è vero da ciò che è falso, anche dentro di noi”.
Nel suo ultimo libro Lei affronta il tema del futuro, che idea pensa abbiano gli adolescenti del proprio domani?
“In molti casi per loro il futuro è ignoto. Solo una piccola minoranza sa cosa vorrà fare e si prepara adeguatamente. La bellezza del mestiere dell’insegnante è scoprire negli studenti la passione che essi si portano dentro: farla conoscere ai diretti interessati. Quando questo accade, lo dico in modo volutamente estremo, la scuola toglie il disturbo e se ne può fare a meno. È come se avesse esaurito il suo compito”.
A proposito del ruolo degli insegnanti… Il suo libro contiene un bilancio delle sue esperienze?
“Nel mio libro ‘Per amore del futuro. Educare oggi’ racconto cosa ho capito e cosa invece è rimasto fuori della mia portata in quarant’anni di insegnamento prima negli istituti pubblici come docente di lettere, poi come fondatore, insieme a mia moglie Anna Luce Lenzi, delle scuole Penny Wirton dove insegniamo l’italiano agli immigrati. Le mie vittorie e le mie sconfitte. La mia fede e i miei dubbi. Le mie crisi e le mie soddisfazioni. È un libro allo stesso tempo saggistico e autobiografico.”
Insegnare cosa vuol dire, secondo Lei?
“Me lo disse una liceale di San Benedetto del Tronto una volta che venne a visitarci insieme ai suoi compagni alla Penny Wirton di Roma. Avrà avuto sedici o diciassette anni. La vedevo molto interessata, allora le chiesi: secondo te perché uno dovrebbe fare l’insegnante? E lei rispose: per amore del futuro. Mi è talmente piaciuta questa sua risposta che ci ho ricavato il titolo del libro”.
Quali sono le potenzialità, i talenti delle nuove generazioni?
“Ognuno ha una propria sensibilità. Spesso il lavoro dell’insegnante è quello di far crescere l’autostima dei propri alunni. Non mortificarli con il giudizio presuppositivo, ma conoscerli nel profondo, e farsi conoscere da loro, in modo che possano crescere davvero”.
E le fragilità, invece, dove si annidano?
“Quasi sempre il disagio di un adolescente ha una radice a lui anteriore, legata a un groviglio irrisolto presente nei suoi genitori, oppure ancora prima. I docenti, attraverso il rapporto coi loro studenti, mettono le mani in pasta nel passato comune, in quanto siamo tutti legati, anche se non ce ne rendiamo pienamente conto”.