Fatti
Se le esportazioni arrancano, il giro d’affari italiano (leggi Pil) lo dovranno sostenere i consumi interni, i nostri insomma. Questa la morale delle previsioni governative per il triennio 2026-2028.
Parliamoci chiaro: l’economia italiana va, ma piano. Stiamo parlando di mezzo punto percentuale, al massimo uno di crescita, cose così. Di solito ci trainano le esportazioni, ma il futuro prossimo parla più di dolori che gioie: l’America s’è chiusa a riccio (recenti i dazi al 107% sulla pasta!), la Cina sta riversando sul mercato europeo di tutto, dalle auto elettriche all’acciaio. Se ci sarà quella flebile crescita economica prevista, lo si dovrà soprattutto all’apertura dei nostri portafogli, favorita da una circostanza attuale e da una potenziale.
L’attuale: il costo del denaro è basso e punta verso giù. Questo favorisce il credito al consumo, insomma prestiti e mutui. In più, le imprese possono finanziare gli investimenti a costi più bassi. Vedremo quanto il tenue costo del denaro spingerà gli italiani a spendere. Perché la spinta più rilevante si avrà dalle intenzioni governative di lasciare più soldi in tasca agli italiani.
Ecco la circostanza potenziale e se ne sta parlando in questi giorni. Abbassare l’aliquota del 35 al 33% fino a 50mila euro dichiarati, che nel migliore dei casi regalerà fino a 37 euro netti in più in busta paga. Meglio di una sberla, ma comunque ancora poca cosa.
Quindi la detassazione dei premi aziendali a livelli più elevati di oggi, piuttosto che l’elevamento della neutralità fiscale dei buoni pasto fino a 10 euro, e chissà che altro si penserà per alleggerire un pochino la mano pesante del Fisco su salari e stipendi. Si proseguirà sulla strada dei bonus – edilizi, energetici, auto – che sappiamo già essere più o meno efficaci a seconda di come siano tarati. Si ragiona infine su misure “stimolanti” la natalità, ma è inutile parlarne ora perché la delusione è sempre più pesante dell’illusione.
Una mano ce la daranno i turisti, residenti provvisori che lasciano qui una parte del loro reddito. È sempre ricchezza “entrante”, anche se non genera un tessuto economico particolarmente performante e di lungo periodo: ma tutto fa brodo. Soprattutto in un panorama di declino industriale che da tempo interessa l’Italia e ora si sta rapidamente estendendo pure nel resto d’Europa.