Il 9,8% della popolazione italiana, ossia 5,7 milioni di persone (pari a 2,2 milioni di famiglie) è ancora costretto a vivere in povertà assoluta. I nuovi dati Istat, diffusi il 14 ottobre, fotografano una situazione sostanzialmente stabile rispetto al 2023, ma con piccole novità preoccupanti. Tra le famiglie composte da stranieri l’incidenza è del 35,6%, quasi cinque volte superiore a quella degli italiani. Il fenomeno rimane più diffuso al Sud (10,5% delle famiglie), ma preoccupa la tenuta delle Isole, dove si registra un significativo incremento: dal 11,9% al 13,4%. I minori restano tra i più colpiti: 1,28 milioni, pari al 13,8% dei residenti. La povertà si concentra soprattutto tra le famiglie numerose (21,2%) e quelle con operai (15,6%), ed è più elevata tra chi vive in affitto. Ne abbiamo parlato con la sociologa Nunzia De Capite, del servizio Advocacy di Caritas Italiana, che sottolinea la cronicizzazione della povertà e chiede una misura universale per affrontare un fenomeno che cambia pelle, ma resta drammaticamente presente: “Oggi senza politiche stabili, inclusive e strutturali, la povertà continuerà a crescere e cambiare forma”.
I nuovi dati Istat sulla povertà assoluta sembrano stabili. È davvero così?
Sì, sono dati formalmente stabili, ma non per questo meno allarmanti. Anzi: questa stabilità segnala che ci troviamo di fronte a una povertà strutturale, che si sta consolidando. Non è più un’emergenza temporanea, ma una condizione che cronicizza, colpisce gruppi specifici e diventa sempre più difficile da scardinare.
Quali sono i profili di maggiore vulnerabilità?
Sono ormai noti e consolidati: minori, famiglie numerose, persone con basso titolo di studio, stranieri, soprattutto se vivono in affitto, operai e persone in cerca di lavoro. C’è una forte incidenza anche tra le famiglie con tre o più figli e tra quelle composte esclusivamente da stranieri in affitto. Questi gruppi vivono una sovrapposizione di fragilità: l’essere stranieri, l’essere in affitto, l’avere figli piccoli o numerosi. Ogni fattore moltiplica il rischio.
E a livello territoriale?
Il Sud conferma una maggiore incidenza, ma i numeri assoluti ci dicono che il 44% dei poveri assoluti vive al Nord, contro il 39% del Mezzogiorno. Questo è un cambiamento ormai strutturale. In più, il dato delle Isole preoccupa: è in aumento significativo, ma non sappiamo ancora se sia un trend duraturo o legato a fattori congiunturali. È un segnale da approfondire.
Ci sono anche nuovi segnali che emergono dai dati?
Sì, e vanno osservati con attenzione. Sta aumentando l’incidenza della povertà tra gli over 65, in particolare tra anziani soli e famiglie con un solo anziano. È un campanello d’allarme: molte persone, uscite dal lavoro, vivono con pensioni basse e senza rete familiare. Altro dato importante: cresce la povertà anche tra le famiglie piccole, con due o tre componenti. E poi c’è la variabile territoriale:
aumenta la povertà nei piccoli comuni del Sud e nei grandi centri del Nord.
Due dinamiche molto diverse che meritano attenzione specifica.
Prima si parlava di working poor, ora torna a crescere di nuovo la povertà tra chi non lavora.
Sì, soprattutto tra i non occupati, in particolare chi è in cerca di lavoro. Questo ci interroga sulla qualità dell’occupazione.
Anche se i tassi occupazionali migliorano, molti lavori sono precari, discontinui, mal pagati. Appena si interrompono, si scivola subito nella povertà.
E spesso manca accesso alle tutele, come la Naspi, o le misure di sostegno sono instabili e non più percepite come affidabili.
Il tema dell’emergenza abitativa è sempre centrale. Perché?
E’ un’emergenza ormai riscontrata da tutte le Caritas diocesane. Gli affitti sono sempre più alti, le case sempre meno disponibili, soprattutto nelle grandi città e nei territori turistici. Il mercato è completamente deregolamentato: molte abitazioni sono dirottate su Airbnb o affitti brevi.
Servono interventi pubblici: ripristinare fondi affitto e morosità incolpevole, ma anche regolamentare il mercato.
Alcuni comuni e Caritas locali stanno sperimentando sistemi di garanzia per proprietari e inquilini. Funziona, ma serve una visione sistemica.
Cosa chiede Caritas al governo?
Serve una misura universale di contrasto alla povertà, che non escluda persone in profondo bisogno solo perché non rientrano nei criteri previsti oggi. Gli over 65 soli, i single, tante persone senza figli non ricevono aiuti, pur essendo in grande difficoltà. Abbiamo bisogno di politiche più inclusive, pensate per la realtà concreta delle persone.
C’è un dialogo con le istituzioni?
C’è stato un confronto positivo con Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, durante la presentazione del Rapporto sul monitoraggio delle politiche contro la povertà: ha mostrato apertura e disponibilità. Il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello ha chiesto la possibilità di presentare al governo i nostri dati. Ora bisogna capire se questo confronto porterà a misure concrete.
Perché oggi, senza politiche stabili, inclusive e strutturali, la povertà continuerà a crescere e cambiare forma.