Fatti
La povertà minorile in Italia è un fenomeno ancora rilevante.
I dati Istat (2024), diffusi nei giorni scorsi, registrano che il 26,7% dei minori risulta a rischio di povertà o esclusione sociale, quota che sale marcatamente per i minori che risiedono nel Sud e nelle Isole (43,6%). Maggiormente esposti sono i giovani appartenenti a famiglie numerose, di origine straniera o monoreddito. Anche il livello di istruzione dei genitori si associa strettamente alla condizione socio-economica della famiglia: è esposto a povertà o esclusione sociale oltre la metà (51,8%) dei ragazzi con genitori che hanno al massimo la licenza di scuola secondaria inferiore, quota di oltre cinque volte superiore a quella di coloro che hanno almeno un genitore laureato (10,3%).
A essere interessati da condizioni di deprivazione materiale e sociale specifica, quindi in situazione di povertà assoluta, sarebbe invece l’11,7% dei bambini e ragazzi con meno di 16 anni.
Strettamente correlato alle precarie condizioni economiche di queste fasce di giovanissimi italiani è il fenomeno della povertà educativa, nei confronti del quale si è tentato di mettere in campo negli ultimi anni strategie mirate da parte delle istituzioni scolastiche e della politica. Dal 2016 è stato creato un Fondo con cui realizzare azioni di contrasto. In maniera particolare, sono stati progettati degli interventi con l’impiego dei fondi europei Pon (Programma Operativo Nazionale), destinati al miglioramento delle competenze degli studenti, delle infrastrutture scolastiche, della formazione docenti e dell’inclusione sociale, o mediante altre forme di finanziamento atte a tenere le scuole aperte anche oltre l’orario scolastico, con attività sportive, culturali e sociali. Anche i finanziamenti Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sono finalizzati alla riduzione dei divari territoriali e al contrasto alla dispersione scolastica, con investimenti in edilizia, digitalizzazione e rafforzamento dell’offerta educativa.
Nonostante gli sforzi, però, il problema resta ancora piuttosto significativo e si manifesta con la dispersione o l’abbandono scolastico, con il ritiro sociale, con l’insorgenza di dipendenze e, a volte in maniera tragica, con l’aumento esponenziale della criminalità tra i giovanissimi.
Già in occasione del suo intervento all’evento “Impossibile 2024”, organizzato da Save the children circa un anno fa, don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, aveva indicato “due vie” per il contrasto alla povertà minorile, e cioè “investire sulla comunità” per avviare e accompagnare processi di miglioramento sociale e “stare nella complessità” per comprendere le ragioni profonde che sono alla base della precarietà. Contestualmente la Caritas italiana, con il sostegno di Unicredit, ha avviato nel 2024 in alcune città italiane (Caltanissetta, Milano, Piombino, Massa Marittima, Roma, Mantova, Pavia e Modena) il progetto Pepe finalizzato a“Promuovere Engagement di comunità contro la Povertà Educativa”. Pensato come “opera segno” per affrontare questo fenomeno in tutte le sue forme, il progetto Pepe vorrebbe contribuire a sviluppare sistemi territoriali di contrasto al disagio, che pongano al centro bambini e ragazzi, in un’ottica di comunità “educante” e di welfare generativo. Un’attenzione specifica è dedicata, inoltre, ai Neet, ossia a quei giovani che non studiano, non lavorano né sono in formazione (dall’acronimo inglese di “Not [engaged] in Education, Employment or Training”).
La risposta della Caritas evidenzia in maniera chiara un problema ormai strutturale in Italia, profondamente legato a disparità territoriali, contesti familiari deprivati e disuguaglianza nei servizi. Sottolinea, inoltre, che per invertire la tendenza sia necessaria un’azione “integrata”, che metta in campo fondi pubblici e privati, politiche familiari mirate, infrastrutture educative, attività culturali ed extrascolastiche, e comunità coese in grado di prendersi cura del proprio futuro.
Solo così quella che oggi è un’emergenza sociale potrà trasformarsi in un’occasione per stabilire una nuova giustizia generazionale e restituire a molti giovani la speranza in un domani migliore.