Chiesa
Nella sua Esortazione Apostolica, Dilexi te, Papa Leone mentre esorta fortemente la Chiesa a farsi povera con i poveri e pertanto invita tutti i fedeli a non essere indifferenti alla povertà della società, evidenzia in controluce una “povertà” spirituale della quale tutti rischiamo di essere vittime. È la povertà di guardare solo se stessi e il proprio bene, dimenticandosi o guardando solo da lontano gli altri. Scrive il Papa: “Non di rado il benessere rende ciechi, al punto che pensiamo che la nostra felicità possa realizzarsi soltanto se riusciamo a fare a meno degli altri. In questo i poveri possono essere per noi come dei maestri silenziosi, riportando a una giusta umiltà il nostro orgoglio e la nostra arroganza”. (DT 108) Questo significa che anche come famiglie abbiamo bisogno di convertirci e imparare ad ascoltare i poveri. Lo si può fare dialogando insieme per acquisire uno stile di vita che non si limiti allo stare bene fra noi, ma che promuova frutti di bene secondo quanto chiede il Vangelo. Si tratta di fare scelte che promuovano vita a partire dai più vicini. Una famiglia buona sa individuare la povertà vicina a casa, nel condominio, nel quartiere anche quando si manifesta sotto la forma della solitudine e del disagio esistenziale. Povero è l’anziano solo che ha bisogno di compagnia, povera la famiglia che vive una disabilità e necessita del sostegno anche psicologico dei fratelli. Poveri siamo noi quando viviamo una malattia o un lutto. Siamo chiamati ad educarci a “guardare” gli altri proprio come fratelli e sorelle riconoscendo che ogni altro è una domanda di solidarietà. Anche all’interno della stessa famiglia va maturato questo sguardo. Ognuno di noi è in qualche modo “povero” e ha bisogno di sentire che è amato. La povertà è una dimensione che in modi e tempi diversi appartiene a tutti e tutti a turno dobbiamo sentirci pronti a sostenere chi cade e viene meno. Ci sono situazioni per cui un membro della famiglia non riesce più a svolgere il suo ruolo e gli altri sono chiamati a sostenerlo e se del caso a sostituirsi a lui temporaneamente. Per essere pronti a fare questo è necessario un cuore allenato all’ascolto. In famiglia vanno quindi purificati i “desideri”. Non si deve cercare solo ciò che piace ma ciò che è bene. Anche i figli vanno formati ad una mentalità che sia consapevole del dovere di rispondere alla povertà che si vede. È la fede che diventa vita. Non si tratta solo di rinunciare a qualcosa ma di un “sentirsi chiamato” a diventare segno dell’amore di Dio in questo tempo e nel luogo dove si vive. Lo sguardo va allargato anche a riconoscere le tante persone e le tante famiglie che si impegnano a contrastare le povertà. Sono segni esemplari che bisogna ringraziare e sostenere. Far conoscere in famiglia realtà, associazioni, che si impegnano contro la povertà è una grande opera educativa. Chi sperimenta in qualche occasione la comunione con loro trova la vera gioia del Vangelo. A questo bisogna incoraggiare i figli che spesso dimostrano una grande sensibilità che va spronata.