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Mappe IconMappe | Mappe 11 – La città del futuro – dicembre 2022

martedì 20 Dicembre 2022

Programmazione senza utopia. L’eredità nelle strade di città

Guardiamoci attorno e troveremo azzardi urbani di un passato che non è stato in grado di pensare al futuro. Oggi, relazioni e bisogni sono la risposta

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

«Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi discambio… ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi». Mezzo secolo fa, nel 1972, Italo Calvino nel suo libro Le città invisibili consegnava ai lettori e alle generazioni future di cittadini, urbanisti, architetti, pensatori, un “promemoria” per non disorientarsi negli incasinati ingorghi e intrecci di strade e uomini, rispondendo alla domanda “che futuro dare al cosmo cittadino?”. L’Italia, a un concetto moderno di città, ci arriva tardi. Nell’Ottocento era già sviluppato a Parigi o a Londra; nella penisola del neonato Regno d’Italia, invece, attorno al 1870 Milano contava 260 mila abitanti, Roma 244 mila. Roma, l’urbs antica per eccellenza, tanto maestosa e imponente, quanto incombente per concepire un’idea nuova di città. Così gli agglomerati urbani, causa anche del ritardo dell’industrializzazione, non sono altro che epicentri delle loro fertili e produttive campagne. Periferia e centro sarà una costante dicotomia che investirà e investe tutt’oggi qualsiasi riflessione, pensiero, costruzione di come modulare il cittadino nel contesto urbano, per farlo sentire parte integrante e non esterno, ghettizzato. A inizio Novecento, la città in Italia prima ancora che costruita andava inventata. Ci arriva il Futurismo. Umberto Boccioni intuisce che il confine va erodendosi: distese di campi, casolari e buoi utili per arare lasciano gradualmente il terreno alla città come spazio di dinamismo e nuova vitalità, con le officine, le macchine e le iconiche ciminiere fumanti che ascendono al cielo. È tutto chiaro nel dipinto del 1909, Periferia: una tensione, data anche dall’oscurità del cielo fumoso, delle ciminiere e dell’urbanizzazione che fagocitano la campagna fatta di strade di brecciolino, aree verdi e cavalli. Antonio Sant’Elia è ancora più esplicito nel suo manifesto L’architettura futurista, in cui le città sono un continuo cantiere tumultuante, dove le scale – retaggio del passato – devono essere sostituite dai moderni ascensori esterni ai palazzi. Palazzi e case che devono abbandonare pittura e scultura per uno schematismo fatto di ferro, vetro e cemento.

C’è tanta, troppa utopia in Sant’Elia, ma c’è anche un pensiero onesto, diretto: «Ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città». Una sfida nella sfida che si carica di responsabilità: come può l’uomo dell’oggi edificare la città del futuro, immaginando esigenze, stili di vita, necessità, variazione della popolazione del domani? Dell’immediato domani o di quello ancora più in là? Il nostro paesaggio, anche quello di Padova e del Veneto, porta con sé cicatrici di azzardi passati, di ottimistiche previsioni rivelate poi fallimentari. Abbiamo ereditato edifici vuoti, eco-mostri disabitati, scheletri di cemento collocati in aree urbane che li hanno rigettati. Ma, per fortuna, non c’è solo questo. Dusty Eye è un progetto artistico, creato dall’artista visionario Jacopo Masini: un connubio tra linguaggi espressivi diversi che unisce numerosi fotografi, illustratori, street artist e mira a creare cortocircuiti tra il presente, passato e il futuro e lo fa attraverso la narrazione di futuri possibili: «La mostra “Maxtor e il teletrasporto lunare” (presentata a Padova all’ultimo festival di fotografia Photo open up e copertina di questo numero di Mappe, ndr) ragiona sul concetto di fotografie d’epoca future – racconta Federica Manna, curatrice artistica – Gli scatti presentati sono avvenuti nel 2154 e nel corso del tempo il supporto fotografico digitale ha avuto modifiche, perso pixel e risoluzione, ma raccontano ancora com’era Padova a quei tempi: una città in costruzione e ampliamento, ricca di elementi naturali la cui attenzione nel corso di 132 anni non è diminuita, ma aumentata, così come la tecnologia a disposizione. Gli scatti raccontano, in una visione solar punk, di come le città possano diventare luoghi dove l’architettura storica e quella contemporanea possano convivere armoniosamente, in un’ottica propositiva di miglioramento delle condizioni urbane in contraddizione con le immagini di città deturpate, deteriorate e abbandonate legate a una tradizione fantascientifica che propone con pessimismo quali potranno essere i cambiamenti sociali e urbani futuri».

Scacciamo, dunque, il pessimismo ma fotografiamo il domani: l’Istat prevede in Veneto, da qui a vent’anni, più 77 per cento di padri single e il più 16 per cento di coppie senza figli. La programmazione della città futura dovrà assecondare questi numeri o si è ancora in tempo per contrastarli, permettendo ai cittadini dell’oggi di vivere bene, guardare con serenità al divenire, assecondando le istanze di mobilità dolce, servizi garantiti per tutte le fasce di popolazione, riduzione dell’inquinamento a favore del verde? Riprendendo il lascito di Italo Calvino, per quando al giorno d’oggi sono le merci e la logistica a incidere sugli sviluppi urbani e periferici, le città sono scambi, non solo immateriali, ma di esperienze, dell’esserci qui e ora: «D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda».

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