Prosecco, un nome che tutti conoscono. Ma quanti sanno che non c’è un solo Prosecco? «Io sono solito dire che il nostro è il marchio più conosciuto, ma è anche il grande sconosciuto», rivela Franco Adami, presidente della Conegliano Valdobbiadene Docg. O, per essere precisi, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, con la sua sotto-zona Cartizze, cui si affiancano la sorella Asolo Prosecco Superiore Docg e la sorellina minore Prosecco Doc… minore come blasone, ma non come territorio di produzione e come fatturato. Il Prosecco Doc, al contrario di quello Docg, si può fare anche in Friuli Venezia Giulia e, nel Veneto, ovunque tranne a Rovigo e Verona. Adami è presidente del Consorzio solo dal 2024, ma ha idee chiare su dove vorrebbe che la sua Docg andasse. Per esempio, c’è chi vorrebbe svincolare il nome di Conegliano e Valdobbiadene da quello di Prosecco, per affermare solo quello dei due territori d’elezione, come accade per lo spumante della Franciacorta: la forza del brand Prosecco è talmente elevata, oggi, nel mondo, che l’opzione non sembra essere più sul tavolo. «Quello che piuttosto dovrebbe accadere – continua Adami parlando durante l’incontro con Argav, l’Associazione giornalisti agroambientali di Veneto e Trentino Alto Adige – è che il consumatore si domandi: “Prosecco sì: ma da dove?” Se uno viene a Conegliano e Valdobbiadene si rende conto del perché qui il Prosecco è chiamato “superiore”. È questione di terroir, di clima, di piovosità. Qui l’uva è più concentrata, ci sono le condizioni perché ci sia la giusta acidità. E poi i suoli: nelle nostre colline di origine morenica ogni microzona è diversa». Adami fa un passo indietro a quando, nel 1876, a Conegliano nacque la prima scuola enologica italiana, seguita nel 1923 dalla Stazione sperimentale di viticoltura ed enologia. Senza la cultura e la tecnologia apportata da queste istituzioni, Carpenè Malvolti non avrebbe prodotto il primo spumante. Nel 2019 le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono divenute, non a caso, Patrimonio Unesco in quanto paesaggio culturale in cui l’opera dei viticoltori ha contribuito a creare uno scenario unico. Nelle zone più vocate i versanti sono ripidi, coltivati a terrazzamenti detti “a ciglione inerbito”, e le vigne sono lavorate solo a mano: sono le 43 “rive”, gli appezzamenti in pendice scoscesa, il cui nome oggi può essere inserito in etichetta per completare la carta d’identità dello spumante. Qui i vigneti sono distribuiti “a mosaico”, contornati da boschi. «È una viticoltura davvero eroica – prosegue Adami – Si calcola che nelle rive servano mille ore di lavoro a ettaro». Il futuro? Da qualche tempo è nato lo Young Club under-35, formato da un gruppo di giovani delle famiglie del Prosecco: si presenta come un laboratorio permanente tra i diversi ambiti del settore – dalla viticoltura al marketing, dalla produzione all’ospitalità – e punta a rafforzare la coesione tra le realtà del territorio. Del gruppo trainante fa parte Fabrizio Adami, figlio di Franco: «Il vino da noi è nato e cresciuto stando tutti assieme in zone molto povere, ma ora che abbiamo il prodotto e il marchio rischiamo di perdere il legame tra di noi. Come giovani abbiamo capito quanto sia importante il legame e il creare sinergie. Abbiamo le migliori tecnologie ma non basta, dobbiamo migliorare le pratiche agronomiche e conservare il terreno, che è il nostro vero patrimonio: nel bicchiere lo si deve sentire».
Nel 2024 la Prosecco Doc è arrivata al record di 660 milioni di bottiglie, per un valore stimato al consumo di 3,6 miliardi di euro. La Docg Conegliano Valdobbiadene ha creato 90,6 milioni di bottiglie (3,2 milioni di “Rive”)per 575 milioni di euro, l’Asolo Prosecco Superiore Docg ha superato per la prima volta i 30 milioni di bottiglie.
Il Serprino può diventare il vino di punta dei colli Euganei? Sembra esserne convinto il Consorzio di tutela vini colli Euganei, che lo scorso 21 giugno ha aperto l’estate del vino padovano con la manifestazione “Vulcanico Serprino” svoltasi all’Abbazia di Praglia. Il Serprino è la briosa bollicina autoctona dei colli Euganei, derivata dalle uve del vitigno glera che è lo stesso del Prosecco Doc: in versione ferma, frizzante o spumante, affianca la più rinomata versione di vino bianco dolce – spumante ma anche secco e passito – prodotta però da uve moscato giallo, ovvero il Fior d’Arancio Docg. L’estate può essere l’occasione per conoscere la versione sur lie, ovvero sui lieviti, del Serprino, che i produttori euganei stanno rilanciando. «Questo vino – ha ribadito Vincenzo Gottardo, consigliere provinciale delegato all’Agricoltura – rappresenta un simbolo autentico del legame tra il territorio e il lavoro appassionato dei suoi vignaioli, e dell’identità culturale e ambientale dei colli Euganei, un patrimonio che merita di essere conosciuto, tutelato e promosso». Quanto alle previsioni, il 2025 si prospetta positivo. «Se parliamo di estate – ha dichiarato Gianluca Carraro, presidente del Consorzio di tutela vini colli Euganei – non possiamo non pensare alla situazione in vigna, che sui colli è buona e con una giusta carica produttiva. Nonostante il caldo, la vite cresce perché abbiamo la dotazione idrica ideale. Al momento non si segnalano particolari problemi sanitari».