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Mappe IconMappe | Mappe 04 – Il settore primario – febbraio 2022

martedì 15 Febbraio 2022

Quote latte, l’origine: 2,3 miliardi di euro di sanzioni sulle casse dello Stato

Dalla guerra di Vancimuglio del 1997 a una pesante eredità: i 2,3 miliardi di euro di sanzioni sulle casse dello Stato

Ernesto Milanesi
Ernesto Milanesi
collaboratore

Trent’anni di “quote latte” sono costati all’Italia 2,3 miliardi di euro. Sforare la produzione assegnata dall’Europa ha innescato la rivolta dei “Cobas delle stalle”, un contenzioso infinito e almeno 279 milioni di euro di fatto evaporati.

La storia. Sul modello della produzione di zucchero, le “quote latte” debuttano nel 1984: sono 9,9 milioni le tonnellate assegnate all’Italia. Cifra riconosciuta nel 1993 e lievitata a 10,5 milioni nel 1999. Con Luca Zaia ministro dell’agricoltura nel 2008 raggiunge il tetto massimo di 11,3 milioni. Peccato che nelle stalle italiane la mungitura quotidiana ecceda (e non di poco) la “quota”. Il controllo, in teoria, spettava a caseifici e latterie come sostituti d’imposta. Una bomba a orologeria: un tetto di produzione nazionale troppo basso, un flusso di latte fuori controllo, un sistema di verifiche evanescente. Così il mercato di acquisto o affitto delle “quote latte” ha bruciato nei decenni quasi 2,5 miliardi di euro. D’altro canto l’Ue ha preteso il rispetto degli accordi con le multe all’Italia, che avrebbe dovuto rivalersi sulle aziende. Dal 1° aprile 2015 le “quote latte” sono abolite. Risultato? C’erano una volta 180 mila stalle con le mucche; oggi se ne contano poco più di 30 mila.

La “guerra”. Con le prime (salate) infrazioni a Bruxelles, fioccano le multe. E i comitati spontanei organizzano a Vancimuglio, frazione del Comune di Grumolo delle Abbadesse, in provincia di Vicenza, il quartier generale della“guerra del latte”. Il padovano Ruggero Marchioron e il vicentino Mauro Giaretta guidano i colleghi in rivolta. La Lega appoggia con Umberto Bossi, mentre l’ex senatore Giovanni Robusti è il portavoce nazionale. Il 25 novembre 1997 i Cobas delle stalle “assaltano” l’autostrada A4: un getto di letame sui celerini, traffico bloccato. L’episodio fa il paio con i trattori che bloccano le strade o con le cisterne di latte sversato nelle piazze. Nel 2010, la vicenda sconfinerà nel braccio di ferro fra le due anime del centrodestra veneto di governo. In ballo la perizia per i vent’anni di sforamento nella produzione di latte. Luca Zaia, ministro dell’agricoltura, si affida all’Arma: il Comando politiche agricole e alimentari di via Torino a Roma certifica che non c’è stata violazione delle “quote”. Due mesi più tardi Giancarlo Galan, ministro nel nuovo Governo Berlusconi, ribalta il verdetto con la relazione della Direzione generale politiche comunitarie del ministero.

I conti da saldare. A palazzo Chigi sono abituati a collezionare le notifiche delle infrazioni alle norme europee. Anche il Governo Monti ha cominciato l’anno con 110 procedure a carico: 65 per violazione del diritto dell’Ue e 45 per mancato recepimento di direttive. Ma le “quote latte” rappresentano una pesante e costante eredità nel bilancio dello Stato. Dal 1995 fino al 2009, Bruxelles ha ottenuto 2,3 miliardi di sanzioni, prevedendo che gli allevatori fuorilegge restituissero i soldi anticipati dal Governo. Nel 2013 si apre la procedura d’infrazione con deferimento dell’Italia alla Corte europea, perché dalle aziende non erano stati saldati 1,3 miliardi. Nel 2018 la relazione sul rendiconto generale dello Stato fa chiarezza: nelle casse pubbliche sono rientrati 375 milioni riscossi a rate, più 379 milioni nelle compensazioni contabili delle aziende produttrici. Non molto rispetto alla cifra miliardaria. E ancora: 19 milioni sono considerati irrecuperabili, altri 101 cancellati da sentenze passate in giudicato. A pagina 386, si evidenziava: «Dei restanti 1,4 miliardi di euro, 120 milioni afferiscono a sentenze di annullamento, provvisoriamente esecutive, 394 i non sono attualmente esigibili per cautele giurisdizionali, 35 sono in corso di riscossione rateale ex legge n. 33 del 2009, 880 milioni sono allo stato esigibili, ma non ancora esatti».

L’attualità. Il 13 gennaio scorso la Corte di giustizia europea ha stabilito che i criteri per la restituzione delle multe pagate in eccesso (stabiliti dalla legge nazionale nel 2003) violavano le norme europee dell’epoca. Una sentenza che dà ragione agli allevatori che hanno presentato ricorso sul calcolo relativo all’annata 2005-2006. La legge italiana individuava nei produttori in regola con i versamenti delle multe una categoria prioritaria per la restituzione del prelievo riscosso in eccesso. Ma per l’Europa vale solo il regolamento che è entrato in vigore dopo il 2006. Intanto, nell’ultimo decennio la produzione del latte è aumentata di oltre il 15 per cento: da 10,8 milioni di tonnellate del 2011 fino alle 12,6 del 2020. In Veneto, invece, non è andata oltre il più 8,4 per cento: da 1.106.065 a 1.200.346 tonnellate. Alla Camera di commercio di Verona, il prezzo del latte crudo sfuso in cisterna si aggira intorno ai 47 centesimi per litro (iva esclusa). Nel 2016 era di 34 centesimi; mentre il prezzo più alto del decennio è stato toccato a dicembre scorso con 49,66 centesimi. Ma con la grande distribuzione si continua a piangere sul latte versato. La filiera del profitto scatta sempre lontano dalle mucche in stalla.

Quanto latte sgorga nelle arterie venete

Nel 2020, in Veneto le 2.528 aziende hanno prodotto 1.200.346 tonnellate di latte. Nel Padovano sono 403 con 222.995 tonnellate di prodotto: quarta provincia per la consegna del latte dietro Vicenza (867), Verona (486) e Treviso (427). In Veneto si sfornano più di 4 milioni di tonnellate di formaggi che assorbono oltre 600 mila tonnellate di latte. La parte del leone spetta al Grana Padano: 29 mila tonnellate per 756 mila forme grazie a 397 mila tonnellate di materia prima. Distanziato l’Asiago: 1,6 milioni di forme con 196 mila tonnellate di latte.

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