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Rifiuti di imballaggio. Il monouso va ridotto
La quantità di quelli generati cresce più rapidamente di quelli riciclati. Complice anche l’aumento di prodotti, molti di plastica, monouso
MosaicoLa quantità di quelli generati cresce più rapidamente di quelli riciclati. Complice anche l’aumento di prodotti, molti di plastica, monouso
L a produzione di imballaggi e la gestione dei loro rifiuti costituiscono un settore complesso e importante sul piano economico che, nell’Unione Europea, genera un fatturato complessivo di 370 miliardi di euro, elemento importante nella trasformazione dell’Europa in un’economia circolare, pulita e sostenibile. Succede però che la quantità di rifiuti generati dagli imballaggi cresce più rapidamente della quantità riciclata: nell’ultimo decennio la quantità di rifiuti di imballaggio è aumentata di circa il 25 per cento e si stima la crescita di un ulteriore 19 per cento entro il 2030, se non si interviene. Per quanto riguarda i rifiuti di imballaggio di plastica, l’aumento previsto è del 46 per cento entro il 2030. L’attuale direttiva dell’Ue sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio è stata adottata nel 1994 ed è stata più volte oggetto di revisione, ma non è riuscita a ridurne l’impatto ambientale negativo. Nel novembre 2022 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento su imballaggi e rifiuti di imballaggio che sostituirebbe la direttiva esistente e a fine 2023 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato le loro posizioni sulla proposta e a metà marzo è stato raggiunto l’accordo. Il patto rafforza le prescrizioni per le sostanze contenute negli imballaggi e introduce una restrizione su quelli a contatto con i prodotti alimentari contenenti sostanze perfluoroalchiliche (pfas) al di sopra di determinate soglie. In base alle nuove norme, entro il 2029 gli Stati membri devono garantire la raccolta differenziata di almeno il 90 per cento all’anno delle bottiglie di plastica monouso e dei contenitori di metallo monouso per bevande; quindi, per raggiungere questo obiettivo, devono istituire sistemi di deposito cauzionale e restituzione. Le restrizioni riguardano anche alcuni formati di imballaggio, compresi quelli di plastica monouso per prodotti ortofrutticoli, per alimenti e bevande, condimenti e salse nel settore alberghiero, della ristorazione e del catering, per i piccoli prodotti cosmetici e per l’igiene utilizzati negli alberghi, come i flaconi di shampoo o lozione per il corpo e per le borse di plastica in materiale ultraleggero. Le norme contro la plastica monouso sono in vigore da un paio d’anni e, anche se l’Italia ha introdotto alcune deroghe, è vietato l’uso di: posate, piatti, cannucce, cotton fioc, aste dei palloncini, alcuni specifici contenitori per alimenti e tutti quelli per bevande in polistirene espanso. La Francia già nel 2022 ha anche introdotto il divieto di vendere frutta e verdura confezionata in plastica nei supermercati. Per salvarsi dalla plastica «bisogna ridurre il ricorso al monouso, costruendo le condizioni economiche, fiscali e legislative per la diffusione e il consolidamento di modelli di business e di consumo basati sull’impiego di prodotti durevoli e riutilizzabili, sostenendo la vendita di prodotti sfusi» raccomanda Greenpeace.