MosaicoRiso Le piogge estive e lo scampato pericolo della risalita del cuneo salino in Polesine hanno permesso ai produttori veneti di rifarsi del difficile 2022. Anche per l’aumento dei prezzi
Il riso veneto è stato uno dei cereali più penalizzati lo scorso anno. Nel 2023 invece le piogge estive, comprese quelle di fine agosto, sono state benefiche per il riso nostrano, che può contare finalmente su una buona annata per dimenticare la precedente contraddistinta dalla siccità e, per quanto riguarda il delta del Po, dalla risalita del cuneo salino. La scorsa settimana si è iniziato a raccogliere la varietà Vialone nano nel Veronese, mentre per altre tipologie si dovrà attendere fino a ottobre. Secondo i dati di Veneto Agricoltura, la superficie regionale coltivata a riso nel 2022 è scesa a circa tremila ettari (meno 3 per cento): il 90 per cento degli investimenti si concentra nelle province di Verona (2.100 ettari circa) e Rovigo (600 ettari) ma coltivazioni vi sono anche a Vicenza, Padova e Venezia. La produzione finale è stata stimata in circa 14.100 tonnellate. «La stagione nel Veronese è migliore dell’anno scorso – sottolinea Filippo Sussi, presidente dei risicoltori di Confagricoltura Veneto – grazie alle piogge e al clima favorevole. Eravamo partiti con molti timori, tanto che qualcuno aveva deciso di non seminare per paura di un’estate siccitosa. Invece poi il meteo è stato dalla nostra parte e non ci sono state eccessive grandinate. Perciò la qualità del riso è soddisfacente e ci aspettiamo un buon prodotto». Anche il riso polesano, oltre a quello veronese, guarda al prossimo autunno con tranquillità, cercando di dimenticare la stagione 2022 compromessa dal cuneo salino. Ci si aspetta una buona raccolta, che inizierà in ottobre, con un prodotto in linea con le annate normali di riso Carnaroli, Arborio, Baldo e Volano. «Non ci sono particolari problemi per il mercato – continua Sussi – se non la spada di Damocle di un’apertura all’import del riso indiano. La Commissione europea ha infatti ripreso i rapporti con l’India per un accordo di libero scambio che suonerebbe come una beffa, anche per una mancanza di reciprocità di regole sui fitofarmaci. Mentre i nostri produttori sono sottoposti a forti restrizioni, il paese asiatico utilizza agrofarmaci che da noi sono proibiti e nonostante questo potrebbe importare il suo prodotto addirittura a dazio zero». A dare manforte ai coltivatori ci sono però i prezzi: il riso è uno dei beni cresciuti di più e attualmente sono molto remunerativi, anche perché alcune varietà, come il Vialone nano, particolarmente importante per il Veneto, sono di fatto esaurite.
