Idee
Russia, dopo il colpo di Stato “soft”. Primitivismo storico
Del conflitto si parla poco, ma il colpo di Stato soft della scorsa settimana la dice lunga sulla sua complessità. Intanto dalla storia nulla si è imparato
IdeeDel conflitto si parla poco, ma il colpo di Stato soft della scorsa settimana la dice lunga sulla sua complessità. Intanto dalla storia nulla si è imparato
«Nessuno al mercato parla più della guerra in Ucraina – mi disse qualche giorno fa un commerciante padovano – mentre sento parlare esclusivamente di vacanze. Caro mio, siamo messi male!». La frase non entrerà negli annali di storia, vero è che comunque resta una limpida valutazione sociale a 18 mesi dallo scoppio della guerra. E come ogni guerra, è più quello che non sappiamo… Ma quanto avvenuto tra venerdì e sabato scorsi in Russia, con il misterioso colpo di Stato soft, la dice lunga sulla complessità di questo conflitto. L’occupante Putin che parla di «pugnalata alle spalle», citando il suo tagliagole Prigozhin e l’intera famigerata Brigata Wagner (definiti terroristi patentati e pagati). Il sottobosco della storia, spesso è più ricco della storia stessa. Il linguaggio bellico di sempre riaffiora di tanto in tanto dalle nebbie. Con i comportamenti umani che si mostrano nel loro lato peggiore. Se allora l’evento che ha portato dei mercenari ribelli fino alle porte di Mosca, ha dimostrato tutta l’imprevedibilità delle dinamiche interne all’apparato ex-sovietico, con nessun stratega capace di muoversi dentro a quanto è accaduto. Nello stesso modo ha svelato sul piano psicologico tutta l’arcaicità dell’agire umano, quando cioè il potere si nutre del potere. Quella Ucraina è di fatto una guerra “medievale”, con le mentalità di chi vuole espandere il proprio dominio nella stessa forma piramidale del feudatario antico, con i vassalli, valvassori e valvassini di sempre. Le forze contro la forza, dimenticando “la natura illusoria del potere” come scrisse Shakespeare. Così, tutto cambia perché nulla cambi, lasciando che la storia ripeta se stessa all’infinito. Con gli uomini che non hanno mai abbandonato quel piglio fratricida che per l’egemonia di possesso, ci riporta all’atteggiamento di Caino contro Abele. Con i tradimenti “storici” tra amici (ricordiamoci che Putin e Prigozhin si sono sempre dichiarati amici-dipendenti), che sono una costante con migliaia di esempi e racconti. L’attacco al potere poi, trasforma il nemico in amico e viceversa. Ci sono le tragedie antiche – e non solo – a ricordarcelo. Ma non bastano, e per questo siamo destinati dannatamente a rivivere i nostri errori di sempre. Quello che nessuno aveva ipotizzato per la Russia, è la peggiore delle soluzioni e della stessa tragedia ucraina. Ce lo dirà il tempo e ancora una volta la storia, che – ricordiamocelo – non è mai frutto della Verità, ma di infinite variabili di verità. Il Medioevo è ancora qui. Tra noi e dentro di noi. Faceva bene a dire un antropologo, «come in fondo, siamo appena usciti dalle caverne!». Con un distinguo contemporaneo, che ciò che accade in Russia, storicamente, non può essere intimamente comprensibile per chi vive fuori dalla Federazione stessa. Ecco allora il turbinio di simbolismi, comportamenti umani e strategie di potere, che anche stavolta ha superato la fantasia stessa degli esseri umani. Ciò che abbiamo assistito, oltre alla sua storicità di cui siamo testimoni, è l’ennesima grande messa in scena del potere e potentati. Con le esplosioni e implosioni tipiche dei tempi di guerra come questi, e tempistiche molto lontane dalla nostra quotidianità, che invece fanno sminuire col passare del tempo l’attenzione di coloro che la guerra la percepiscono come “lontana”. Questo giustificherebbe l’esclamazione iniziale. Ma la storia non guarda in faccia ai nostri umori: scorre incurante davanti e dentro di noi, con ineffabile distacco da coloro che sono gli autori e artefici di quelle azioni e reazioni, che concorrono a costruire alchimie psicologiche e reazioni umane, che ci lasciano “nudi” davanti a noi stessi. Ricoperti semmai, di quella vergogna che ci porta a dire che non riusciamo a imparare dai nostri errori, sovrastati come siamo dagli istinti primordiali. E su questo il regista Kubrick ci ha già dimostrato un preludio di soluzione finale, verso cui stiamo scivolando. Ancora una volta, senza aver imparato nulla o quasi dalla storia e noi stessi, in un “primitivismo” da cui siamo inconsciamente tutti, ancora dipendenti.