Esausti ma felici, al termine di una giornata ricca di emozioni, volti, situazioni e una domanda: cosa rimane di tutto questo? Se lo sono chiesti Monica Maggiolo e il marito Andrea Bordin, nella serata dal 31 agosto, alla fine dei festeggiamenti per i dieci anni della casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII a Saccolongo, da loro avviata un decennio fa.
Un altro anniversario è stato ricordato nella stessa occasione: il centenario della nascita del fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII (che oggi opera in 36 paesi del mondo), don Oreste Benzi, avvenuta il 7 settembre 1925 a Rimini. «Rimane tanta gratitudine per quello che sin qui abbiamo vissuto – sostengono con voce pacata i due sposi – e un senso di unità perché il nostro è un camminare insieme nella Chiesa, che ha espressioni diverse al suo interno. In questo c’è un completarsi, arricchendosi vicendevolmente. Ci sentiamo parte della parrocchia di Santa Maria Assunta di Saccolongo: percepiamo che i nostri figli, e quelli accolti ancora di più, non sono solamente nostri ma di una comunità, dalla gente della parrocchia».
La giornata del 31 era iniziata con la messa, seguita da varie testimonianze, tra cui quelle dei figli naturali di Monica e Andrea, che hanno dai 16 ai 26 anni. «Ci hanno sorpreso con le loro parole; sono state
veramente toccanti, forti – raccontano i coniugi – Hanno parlato di come le difficoltà vissute nell’aprire le porte della nostra casa a diverse persone, li abbiano fatti crescere.
Vivono appieno la scelta che abbiamo fatto».
La motivazione di creare una casa famiglia aperta all’accoglienza, i coniugi Bordin l’hanno tratta dal constatare che come coppia e come famiglia “ristretta”, «abbiamo ricevuto tanto dal Signore ed è sorto in noi il desiderio di restituire quello ci è stato donato. Ancora oggi però ci rendiamo conto che è più quello che riceviamo di quanto riusciamo a dare». La coppia ha vissuto l’accoglienza familiare come una «vocazione», cresciuta in seno alla Comunità Papa Giovanni XXIII: «Non sarebbe possibile quello che viviamo se non fosse inserito all’interno di un cammino nella Comunità. Ci sentiamo sostenuti da questa rete di bene. La nostra è una vocazione molto bella, esigente e impegnativa, che richiede di supportarsi». E un’ultima considerazione su questi dieci anni: «Sono stati pieni di vita, con tanta ricchezza. Ci sentiamo in viaggio dove a condurci è il Signore stesso».
Oggi nella casa famiglia di Saccolongo sono presenti i cinque figli naturali di Monica e Andrea e quattro persone con situazioni di solitudine, difficoltà o grave disabilità. Durante questo decennio la casa ha accolto una decina di persone, oltre a quattro seminaristi, tre ragazzi coinvolti nel servizio civile, volontari e simpatizzanti, tutti accomunati dal desiderio di condividere la bellezza di essere una piccola comunità.