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Serbatoio del Vanoi. Le ragioni del sì e del no. Ma per tutti non sarà come il Vajont
Le ragioni del sì e del no Le posizioni di Luigi D’Alpaos e Vincenzo Bixio sono distanti, tranne su un punto: il paragone con il disastro del 1963
IdeeLe ragioni del sì e del no Le posizioni di Luigi D’Alpaos e Vincenzo Bixio sono distanti, tranne su un punto: il paragone con il disastro del 1963
Su una cosa sono d’accordo, Luigi D’Alpaos e Vincenzo Bixio. Rispetto a grandi progetti come quello della diga sul Vanoi che può avere impatti importanti su tutto il sistema idrografico di un’area vasta, ci vuole cautela. Il primo, bellunese, professore emerito di Idraulica dell’Università di Padova e uno dei massimi conoscitori del sistema idrografico italiano e del Veneto in particolare; il secondo, che al Bo è stato docente di Costruzioni idrauliche, bonifica e irrigazione, è fondatore di Nordest ingegneria srl, la società che ha redatto lo studio di fattibilità tecnica ed economica del progetto di sbarramento a Lamon, in Veneto, sulla Val Cortella che dovrebbe permettere un ampio bacino di acqua, in provincia di Trento, da usare in caso di crisi idrica in pianura riversandola sul Cismon e da lì sul Brenta. «Gli antichi dicevano “est modus in rebus”, ci vuole moderazione e a me sembra che ce ne sia stata poca nell’intera vicenda della diga che dovrebbe bloccare le acque del torrente Vanoi. Adesso si fanno incontri con la cittadinanza, ma mi sembra che anche lì siano coinvolte persone poco indipendenti – afferma preoccupato D’Alpaos – Quell’opera va bene perché soddisfa solo gli interessi di qualcuno. Mentre altri, sempre gli stessi, i montanari, sono penalizzati. I nostri fiumi hanno già dato abbastanza, alcuni, il Piave e il Brenta, sono già “larve” di corsi d’acqua. Chi parla di deflusso ecologico prepara la morte dei fiumi, che vanno tenuti in vita con l’acqua».
Quello che dovrebbe essere realizzato è un grande serbatoio per trattenere l’acqua a monte nei periodi di forti precipitazioni, evitando il rischio di piene, e garantire acqua alle coltivazioni in pianura nei mesi di siccità che si stanno riproponendo con crescente frequenza. Bixio: «La valle del Brenta è sempre più povera di acque e questa diga, che è stata ipotizzata per la prima volta decenni fa, rappresenta l’unica possibilità per rimpinguare le falde, mantenere i livelli di potabilità e permettere attività agricole e di allevamento. Per questo la Regione Veneto, che adesso si mostra più cauta, ha messo questa diga al primo posto per urgenza tra gli interventi necessari da fare per risolvere la crisi idrica. L’intero bacino del Brenta ne trarrebbe vantaggi». D’Alpaos: «Si ripete che abbiamo bisogno di acqua. Ma quel noi chi nasconde? Chi ha bisogno di acqua? Diamo un nome preciso a chi ha interesse ad avere più acqua in pianura. Si dice che l’uso irriguo è il più importante dopo quello potabile, ma nessuno ci dice cosa intendono fare di tutta l’acqua che trattengono quando non serve per i campi. Da ottobre a marzo, cosa pensano di fare dell’acqua? Ci sono degli interessi leciti? Ce li dicano chiaramente. Quelli che vivono in montagna rischiano di fare la fine del “due di coppe quando va di spade”. Questa è la considerazione degli abitanti della montagna, lo dico ai miei conterranei: siamo come gli indiani d’America, trattati come minoranze da visitare due mesi all’anno e da sfruttare per il resto del tempo. Chi parla di uguaglianza, ha mai provato la fatica che comporta oggi il vivere in montagna?». Bixio: «Già in passato la montagna si è sentita defraudata. Ma l’acqua scorrerebbe comunque verso il mare, non sarebbe usata in montagna e fermandola non si danneggia nessuno; mentre senza acqua le attività economiche della pianura subiscono conseguenze catastrofiche con ricadute per tutti. Il progetto presentato dal Consorzio di bonifica Brenta è stato premiato con risorse del ministero dell’Agricoltura. Che è rigoroso e ha imposto un dibattito pubblico per favorire la raccolta di tutte le osservazioni. Sul progetto bisognerà decidere democraticamente senza i toni anche violenti che si sono sentiti in queste settimane».
Del progetto si parla da anni e solo i cambiamenti climatici che hanno reso frequenti lunghi periodi di siccità sembrano rendere urgenti soluzioni come quelle prospettate. Ci sono possibili alternative? D’Alpaos: «Oggi non possiamo continuare a irrigare i campi come facevano i nostri nonni, quando si pensava che la risorsa idrica fosse un bene infinito. La scienza e la tecnologia hanno fatto enormi progressi. Il primo obiettivo è il risparmio dell’acqua migliorandone l’utilizzo. Se gli israeliani usassero la quantità d’acqua che usiamo noi avrebbero solo deserto, invece la loro è una gestione oculata ed efficace. Poi dobbiamo renderci conto che alcune coltivazioni richiedono troppa acqua rispetto a quella disponibile oggi con i cambiamenti cui assistiamo e, se non possiamo più permettercele, dobbiamo cambiare il tipo di cultura. Si dimenticano altri usi, non meno importanti e si pensa solo a quello che fa comodo a una parte. Un dibattito che è stato fatto anche per gli invasi dell’alta pianura. A pagarne le conseguenze sono stati sempre i montanari». Bixio: «Vanno fatti investimenti anche nei sistemi di irrigazione, ma il bisogno è enorme. Pensiamo alle necessità di chi produce foraggio per alimentare gli animali. L’interesse dell’economia agricola è indubbio, ma essa è la base economica di tutto il comprensorio del Brenta, con largo impiego di manodopera non solo direttamente in agricoltura».
C’è un’altra considerazione che unisce le valutazioni dei due esperti: le problematiche poste dal progetto della diga sul Vanoi non vanno messe a confronto con quanto accaduto con la diga sul Vajont. Bixio: «Il Vajont ha insegnato che ci vuole prudenza ed è quello che stiamo facendo. Adesso abbiamo ultimato il progetto definitivo e altri studi si faranno per quello esecutivo. Nessuno vuole avventurarsi in progetti pericolosi e oggi gli strumenti tecnici a supporto degli studi sono molto precisi». D’Alpaos: «Io il Vajont l’ho visto, abito nella valle a fianco. Questi che parlano di Vajont ora non sanno cosa è stato, si dimenticano che le concessioni sono state date a opera appena ultimata senza che fossero fatte tutte le verifiche. Chi le ha date non si è mai pentito, chi le ha avute avrebbe dovuto restituire il giorno dopo quello che aveva ottenuto. Oltre ai duemila morti abbiamo dimenticato anche questo, la crudeltà umana e la viltà intellettuale».
Paradossalmente, nell’elenco dei 127 progetti di preminente interesse nazionale finanziati da Nicola Dell’Acqua, commissario straordinario per gli interventi connessi al fenomeno delle scarsità idrica, non troviamo il serbatoio del Vanoi, bensì le opere per la diga del Corlo, in territorio di Arsiè, in vista del recupero della limitazione di invaso (107,36 milioni di euro). (C. B.)