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Sicurezza. Si muore ancora di lavoro
In Italia, nel primo trimestre 2021, le morti bianche sono state 185, 19 in più rispetto al 2020. Decessi nei cantieri e nelle fabbriche, ma anche di Covid-19
FattiIn Italia, nel primo trimestre 2021, le morti bianche sono state 185, 19 in più rispetto al 2020. Decessi nei cantieri e nelle fabbriche, ma anche di Covid-19
Mattia Battistetti era un operaio edile di 23 anni. È morto a Montebelluna, in provincia di Treviso, travolto da un’impalcatura. Nelle stesse ore ad Alessandria, nel cantiere Amazon, perdeva la vita Flamur Alsel, albanese di 50 anni residente a Brescia, anche lui colpito da una trave. E poi Natalino Albano, di 49 anni, precipitato sulla banchina del porto di Taranto a causa dell’imbracatura che si sarebbe sganciata. Tre vittime sul lavoro in un giorno, il 29 aprile, prima ancora dell’incidente nell’azienda tessile di Montemurlo, in provincia di Prato, dove ha perso la vita la 22enne Luana D’Orazio.
Una fotografia allarmante e che restituisce nomi, cognomi, volti delle tante morti bianche in Italia, ancora troppe e spesso dovute alla mancanza delle misure di sicurezza. I numeri forniti dall’Inail, l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, evidenziano come nel primo trimestre del 2021 le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale sono state 185, 19 in più rispetto alle 166 registrate nel primo trimestre dell’anno prima.
E se prendiamo l’intero 2020, gli infortuni che sono costati la vita sono stati 1.270, il 16,6 per cento in più del 2019: insomma, tra le tre e le quattro persone al giorno l’anno scorso sono morte nei cantieri, nelle fabbriche, ma soprattutto negli ospedali e in ambito medico-sanitario. Sì, perché l’incremento è influenzato soprattutto dai decessi causati dalla pandemia di Covid-19: «Il dato è alterato dall’emergenza sanitaria – commenta il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – Anche per questo, se consideriamo il quinquennio 2015-2019, assistiamo a una diminuzione dei decessi in ambito lavorativo del 9,6 per cento, a dimostrazione della validità delle politiche di prevenzione e sensibilizzazione verso il tema della sicurezza sul lavoro».
Il Veneto è sesto in Italia per numero di vittime registrate sul lavoro e rispetto allo scorso anno ci sono due decessi in più. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega engineering di Mestre, erano 12 tra gennaio e marzo 2020, mentre sono 14 negli stessi mesi del 2021: 11 avvenuti proprio durante lo svolgimento di una mansione, tre quelli in “itinere”, cioè mentre si recavano sul luogo di lavoro stesso. Nella classifica regionale il dato peggiore arriva da Verona con cinque infortuni mortali, ma è Padova la provincia veneta con più decessi avvenuti durante il lavoro, quindi esclusi quelli nel tragitto.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede l’assunzione di duemila ispettori del lavoro, che si aggiungeranno ai 4.500 già operativi, e si calcola che si arriverà entro il 2024 a un aumento del 20 per cento delle ispezioni contro la media del triennio 2019-2021. A cambiare dev’essere prima la mentalità dei datori che al profitto devono anteporre la tutela del personale.
Nel 2010, per la prima volta dal dopoguerra, il numero dei morti sul lavoro è stato inferiore a mille. I decessi, infatti, erano stati 980, un precedente che negli anni successivi non è stato più raggiunto o eguagliato. Secondo l’Eurostat (gli ultimi dati disponibili sono del 2018) nel nostro Paese si verificano 2,25 decessi ogni 100 mila occupati contro una media europea dell’1,77. I Paesi più virtuosi e attenti ai controlli sono la Germania e il Regno Unito con 0,78 morti su 100 mila lavoratori.