MosaicoLa questione. Molte domande e poche risposte sulla rivoluzione digitale e sociale in atto. Ma letta dal punto di vista del “bisogno”, la presenza dei telefonini tra i banchi può essere compresa nella sua complessità
L’ultimo libro-denuncia di Manfred Spitzer, Emergenza smartphone. I pericoli per la salute, la crescita e la società, può aiutare a capire le dimensioni della “mobile communication” e gli esiti sulle nuove generazioni e sul futuro dell’umanità. L’uomo è un essere in grado di porre domande. Nella domanda rivela la sua profondità e la sua grandezza. Allora è spontanea la domanda: perché lo smartphone? A che bisogno risponde? Forse non abbiamo risposte precise. Ma possiamo riflettere collocando lo smartphone in una prospettiva social e agganciandolo al tema del “bisogno”.
Bisogno di relazione. I legami online possono essere considerati “legami deboli”, ma le tecnologie che espandono i social network di un singolo offrono un aumento di informazioni e opportunità disponibili. Il punto di svolta di questo processo di “interazione interpersonale” di massa non è solo la costruzione concreta di azioni e relazioni sociali più o meno consistenti e stabili nel tempo, ma risiede soprattutto su questo versante di potenzialità di contatto, di messa in relazione, di reperimento di informazioni. La possibilità che questo fenomeno conduca a situazioni ingestibili e indiscriminate – e forse anche contro-evolutive nel periodo dello sviluppo – non deve impedire di cogliere il sottostante bisogno di ampliamento della risorsa in una prospettiva relazionale e/o sociale.
Con lo smartphone alla mano, o sotto le coperte, come per strada nel cuore della notte, in classe di fronte a un compito impossibile, è sempre possibile trovare qualche “amico” online e chattare con lui direttamente o inviare messaggi sulla “posta personale”. In questo senso un social permette di sviluppare relazioni e d’altra parte permette anche agli altri di svilupparle con noi. Infatti, chi aggiorna il proprio stato o fa l’upload (“caricamento”) di materiali personali lo fa perché altri possano conoscerli, leggerli, vederli. Così un social diventa parte di un più ampio life-streaming, un flusso di vita vissuta che viene in un modo o nell’altro diffuso e condiviso con i propri contatti mantenendo un certo grado di intimità, almeno apparente.
Bisogno di comunicazione. Grazie a questo piccolo oggetto cambia il nostro modo di stare nel mondo. Non veniamo più a essere solo “oggetto di comunicazione” (“ricevente” nella dinamica della comunicazione), ma possiamo diventarne il soggetto (“emittente” nell’accezione di teoria e tecnica di comunicazione). Il ribaltamento non è indifferente. Pensiamo solo al successo degli influencer. Da un punto di vista delle posizioni sociali, la voce del singolo cittadino può essere ascoltata alla stregua del più potente magnate dei media. Senza essere proprietario di un organo di stampa e senza disporre del capitale necessario per affittarne uno, un singolo attivista può rendere pubblico un argomento di discussione tramite una presenza o un contatto diretto e credibile. Gli è possibile fare luce su questioni che diversamente rimarrebbero taciute. Per merito di internet si presentano costantemente delle opportunità (partecipative) di impegnarsi a rielaborare le informazioni in maniere creative e allettanti. Tale procedimento potrebbe generare cittadini più stimolati e più coinvolti nei dibattiti pubblici e politici, dando vita a quella società partecipativa che ancora appare in questo momento come di là da venire. Si tratta di una vera e propria “rivoluzione creativa”: in questa prospettiva il “nativo digitale” passa dalla posizione di ricevente a quella di emittente… uno che può far sentire e valere la sua “voce”
Bisogno di creare/condividere. Sui social network si possono pubblicare foto, video e link, creare e condividere informazioni, foto, suggestioni ed emozioni: la Rete è il regno dello sharing, della condivisione e dello scambio. Ovviamente non tutti gli utenti partecipano al “rinascimento creativo” che sta avvenendo in Rete, anzi, la grande maggioranza non ha l’idea di fare qualcosa di eclatante, come una satira politica in formato di remix digitale.
Bisogno di partecipare/agire. Attraverso i social si può aderire a cause e gruppi di carattere politico e non. La Rete in formato “mobile” fornisce una piattaforma più utile e allettante per chi è già predisposto alla partecipazione attiva. I giovani hanno accesso a una quantità di informazioni enormemente superiore rispetto a qualsiasi altro periodo storico, possono raggiungere altre persone in maniera molto più efficace. I siti di social network possono aiutare nel coordinamento e nella mobilitazione di azioni sociali e nell’accrescerne la visibilità. Il social network consente, infatti, di organizzare i membri, pubblicizzare meeting, diffondere informazioni e opinioni. Può essere usato per organizzare boicottaggi e proteste velocemente e in maniera efficiente. Internet offre un modo nuovo di impegnarsi nelle questioni pubbliche che unisce politica e cultura, senso civico, e tecnologia. Inoltre, dà modo alla creatività dei nativi digitali di influenzare la politica. Questa forma attiva, pro-attiva di influenza sociale, va positivamente nella direzione della partecipazione e dell’azione.
Giovanni FasoliDocente di psicologia dell’adolescenza – Iusve
