Il 2025 potrebbe essere l’anno in cui i fatti di Chiesa hanno saturato i media (quelli italiani per lo meno) per il maggior numero di giorni. In inverno il ricovero di papa Francesco era stato seguito giorno per giorno da giornali e tv. Poi il cordoglio per la morte del primo papa gesuita e sudamericano, a Pasqua. Infine, un centinaio di giorni fa, la sorpresa per l’elezione di Leone. Ora, mentre ci inoltriamo nel cuore di questa estate, ancora non si è spenta l’eco delle giornate romane con un milione di giovani radunati nella capitale per il loro Giubileo. Consapevoli di arrivare buoni ultimi nella ridda di opinioni e commenti che questa presenta – imponente ma rispettosa – ha suscitato, tentiamo di mettere in luce solamente tre aspetti che potrebbero anche far sollevare il sopracciglio a qualcuno.
Due di questi tre rilievi hanno a che fare con il mondo adulto. Partiamo con gli attestati di sorpresa e di speranza riversati dai cosiddetti boomers nei loro profili social e, per chi fa il nostro mestiere, nelle colonne dei giornali o nei palinsesti tv. È vero, un milione è un grande numero, il Vaticano stesso pochi giorni prima del Giubileo dei giovani citava un numero vicino alla metà. È vero anche che le parole del papa, la compostezza con cui tutto si è svolto, le testimonianze che anche noi come giornale abbiamo raccontato (e racconteremo approfonditamente nel numero speciale della prossima settimana) hanno introdotto temi, sensibilità e toni che non appartengono al confronto pubblico a cui siamo abituati. Eppure, stupirsi per una partecipazione e uno stile tali da parte dei nostri giovani significa davvero non conoscerli. Forse, come avviene su molti versanti del vivere sociale, procediamo per pre-comprensioni, ci facciamo bastare qualche titolone che fa breccia tra le mille notifiche del nostro cellulare per pensare di aver capito tutto. Frequentare davvero i ragazzi di oggi significa invece scoprire un mondo ricco di idealità, di impegno senza riserve, di capacità di mobilitarsi per ciò che conta per davvero. Per i ragazzi di Roma 2025, come per quello di Roma 2000, Cristo è qualcuno per cui vale muoversi e spendersi; la parola del papa è fonte di ispirazione e di riflessione; condividere un’esperienza sui valori profano di del vivere ha senso più di una vacanza da sballo.
Leggere commenti da parte di adulti che indicano questi giovani come speranza per il futuro, o che sostengono che sono gli adulti a dover imparare da questi giovani, insinua invece un grande dubbio – e siamo alla seconda considerazione: non è che momenti magici come quelli di Tor Vergata possano diventare per noi adulti un alibi? Per la serie: c’è molto nel mondo di oggi che non va, dalla povertà alle guerre, ma noi continuiamo come abbiamo sempre fatto, tanto ci sono questi giovani così bravi e consapevoli, ci penseranno loro a mettere le cose a posto. Mi sia consentita questa piccola provocazione per spingere tutti noi a non abdicare alla nostra responsabilità, a non “mummificare” l’esperienza di vita che abbiamo accumulato in nome della freschezza giovanile. Le maniche rimboccate dell’adulto è uno stimolo fondamentale per il giovane. Sono passati quasi dieci anni dal Sinodo dei giovani della nostra Diocesi, ma quel desiderio emerso al termine del cammino di poter incontrare adulti “significativi” all’interno delle nostre comunità – civili oltre che cristiane – rimane come un appello alle coscienze di tutti noi.
Di fronte al milione di Tor Vergata, tutti ci sentiamo piccoli o disorientati, ma la formazione delle coscienze e la progettazione del futuro sono operazioni artigianali che si compiono nel quotidiano e spesso del rapporto uno a uno. Ed eccoci quindi al terzo passaggio: che ne sarà di quell’oceano di gioventù ora che tutti sono tornati a casa? La vera sfida è nel giorno dopo giorno, nella capacità di generare relazioni intergenerazionali per uno scambio di saperi, di sensibilità e di esperienze. Allora anche un viaggio a Roma può diventare una fonte che alimenta un’intera vita.