Idee
Tra le pieghe dell’autonomia, che il 29 aprile arriverà alla Camera
Maggiore responsabilità per gli enti territoriali è l’opinione dei favorevoli. Cappelletti (M5s): «Le spese per la Pedemontana sono esempio virtuoso?»
Maggiore responsabilità per gli enti territoriali è l’opinione dei favorevoli. Cappelletti (M5s): «Le spese per la Pedemontana sono esempio virtuoso?»
È previsto per lunedì 29 aprile l’approdo alla Camera dei deputati del disegno di legge di iniziativa governativa firmato dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli sull’attuazione dell’autonomia differenziata nelle Regioni a statuto ordinario. Il passaggio alla Camera – dopo che il 23 gennaio scorso il Senato ha approvato la proposta con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti – potrebbe dare l’ultima spinta a un provvedimento visto come “traguardo storico” da chi lo persegue da tre decenni, la Lega in primo luogo, come svolta per la «rottura dell’unità nazionale» per chi è critico e si prepara già al referendum abrogativo. L’obiettivo di varare definitivamente il ddl entro le elezioni europee di giugno non sembra, però, raggiungibile per alcune crepe nella maggioranza che rallenteranno l’iter. Con il via libera alla legge sull’autonomia differenziata, non ci sarà un automatico trasferimento alle Regioni di tutte le competenze, ma si aprono le porte per semplificare l’attribuzione di maggiori poteri alle Regioni stesse che ne faranno richiesta, secondo quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che rimanda all’articolo 117. Prima sarà necessario definire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep): un limite minimo nella qualità delle prestazioni assistenziali e sociali che non può essere peggiorato. Un passaggio non da poco, perché definire i Lep e determinare come saranno finanziati sono scelte che possono favorire le differenze tra i servizi assicurati nelle regioni più ricche e quelle con meno risorse. «Si tratta di un traguardo dal significato enorme, raggiunto dopo 30 anni di battaglie – esorta Alberto Stefani, presidente della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo e segretario regionale della Liga veneta che dell’autonomia ha fatto una bandiera – Un risultato che merita il nostro impegno fino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è l’approvazione definitiva della legge e soprattutto la sua attuazione. Con l’autonomia ci saranno più trasparenza, più efficienza e più responsabilità per gli amministratori degli enti territoriali che avranno gli strumenti per decidere davvero su un numero maggiore di materie. Questo porterà gli amministratori locali ad assumersi la responsabilità di spendere le risorse a loro disposizione in modo più efficiente possibile». Una svolta per l’esponente leghista, perché le decisioni saranno prese da chi conosce le esigenze specifiche del territorio che amministra e vive a contatto con i cittadini che potranno verificare la bontà delle scelte. Cosa potrebbe cambiare, in pratica? «Potranno essere garantiti contratti collettivi decentrati anche in materia di sanità e istruzione, rendendole più appetibili anche con borse di studio, si potranno sviluppare rapporti commerciali con l’estero, valorizzando le specifiche produzioni del territorio, stabilire iter ambientali semplificati».
Se il Partito democratico ha definito devastanti gli effetti provocati dalla riforma in discussione, che aumenterebbe i divari tra nord e sud del Paese e renderebbe più difficile godere dei diritti essenziali alla salute e all’istruzione pubbliche, articolata è la critica del padovano Enrico Cappelletti, deputato del Movimento 5 stelle, intervenuto sull’autonomia alla Camera e nella commissione Affari costituzionali: «Il Movimento 5 stelle non è contrario pregiudizialmente al riconoscimento di una maggiore autonomia territoriale, cosa che è anche nel nostro programma. Siamo però fermamente contrari a questo progetto di autonomia, sia nel metodo che nel merito». Cappelletti sottolinea che il disegno di legge è stato portato avanti di pari passo con la riforma del premierato, voluta da Fratelli d’Italia e criticata dai 5 Stelle, quasi come un do ut des (do a te perché tu dia a me) tra le due forze di maggioranza. Nelle cinquanta audizioni al Senato molti si sono espressi in modo critico, afferma Cappelletti, «da Confindustria alla Cei, da Bankitalia all’Ufficio parlamentare di bilancio». E ancora: «Alcune materie, energia e ricerca, per esempio, hanno un’evidente dimensione sovranazionale e non ha senso spezzettarle in venti. Il Parlamento è stato esautorato dalla definizione dei Lep, relegandolo a un ruolo decorativo, con la semplice espressione di pareri non vincolanti, mentre la discussione poteva essere dirimente. Per noi non è percorribile alcun progetto di autonomia senza prima aver non solo definito i Lep, ma anche chiarito come finanziarli: il centro studi Svimez calcola fino a 100 miliardi di euro». Sui costi il deputato 5 Stelle sottolinea una criticità che il Veneto ha già sperimentato. «Numerose opere pubbliche realizzate dalla Regione hanno visto letteralmente esplodere i costi, come è il caso della superstrada Pedemontana Veneta, passata dai poco più di 2 miliardi di euro preventivati agli oltre 13 spesi. Con questi precedenti, come si fa a dire che la Regione è un esempio virtuoso di efficiente gestione di risorse pubbliche?». L’onorevole leghista Stefani chiude ogni spazio alla critica principale alla legge: con l’autonomia differenziata aumenteranno le differenze tra Regioni ricche e quelle con meno risorse. «Adesso il centralismo ha ridotto le distanze? Sono stati risolti i problemi di opportunità dei diversi territori? No. Inoltre, per la prima volta, in tutte le Regioni saranno garantiti i livelli essenziali delle prestazioni che non potranno essere inferiori a quelli garantiti oggi. E un parere lo ha espresso la Coste costituzionale».
«Spiace constatare che Forza Italia è oggettivamente uscita dal perimetro di maggioranza in regione Veneto». Con queste parole, mercoledì 17 aprile, Alberto Stefani ha annunciato l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza di destra nel consiglio regionale del Veneto. Parliamo di due consiglieri regionali, Elisa Venturini e Alberto Bozza, più un terzo, Fabrizio Boron, ex leghista eletto nella lista “Zaia presidente” nel 2020, poi nel dicembre scorso passato in Forza Italia, pur decidendo di restare nel Gruppo misto in Regione. Al di là dello sguardo locale, la decisione ha risvolti nazionali, non solo perché a ridosso delle elezioni europee e comunali. L’uscita segna una sostanziale spaccatura e distanza che c’è la Lega e Forza Italia sull’autonomia differenziata. Ma Flavio Tosi, deputato e coordinatore di Forza Italia in Veneto, critica anche sanità e Olimpiadi 2026.