StoriePadova Passeggiata agostana sui luoghi del geniale violinista di Pirano. Persino Dylan Dog suona (male e al clarinetto) il suo Trillo del diavolo
Esiste una Padova “segreta”, ma sotto gli occhi di tutti, un itinerario fatto di luoghi conosciuti – alcuni dei quali veri e propri simboli non soltanto cittadini – che però assumono contorni differenti se letti come tappe della vicenda umana e artistica di Giuseppe Tartini (1692-1770), compositore tanto fondamentale quanto non ancora dovutamente celebrato nel quadro della musica colta occidentale che qui, nella città del Santo, trascorse la maggior parte della sua vita.
Tre città promuovono il genioNell’ultimo lustro, per la verità, Pirano (terra natale del musicista, al tempo parte della Repubblica Serenissima e oggi comune della Slovenia), Trieste (che possiede un Conservatorio intitolato e che ha coordinato il primo programma Interreg dedicato) e la stessa Padova (forte di un’iniziativa lungimirante voluta dal Dipartimento di Studi linguistici e letterari dell’Università) si sono riunite in una specie di “asse” culturale strategico per la valorizzazione del patrimonio fisico e del lascito generale tartiniano, realizzando diversi significativi obiettivi. Ora esistono una “Tartini Route” (come si vede su www. discovertartini.eu e dal progetto “tARTini”), sul modello di quella europea mozartiana, e una “Stanza di Tartini” aperta al pubblico dentro il Conservatorio triestino, mentre “Casa Tartini” – la dimora di famiglia a Pirano, finemente restaurata – è diventata uno splendido museo con un’importante collezione. Nel capoluogo, veneto eletto dal violinista «seconda patria», dopo l’esposizione “Giuseppe Tartini e la cultura musicale dell’Illuminismo”, allestita al Museo Diocesano nel 2020-21, si sta valutando una sede definitiva per una versione documentaristica su pannelli della stessa mostra. Inoltre, grazie all’associazione Amici della Musica di Padova, vengono periodicamente organizzate le cosiddette “Esplorazioni Tartiniane”, tour guidati a tema con concerto finale. Pur essendoci dunque una serie di occasioni di livello e certificazione accademica per imbattersi nella “materia”, questa storia di agosto della Difesa si propone di suggerire un primo “leggero” approccio con il vissuto affascinante, a tratti davvero avventuroso, e la figura irripetibile, fra musica, arte, scienza e filosofia, di Giuseppe Tartini, ripercorrendone in una spensierata giornata estiva padovana le tracce sparse, senza escludere lo spazio di un cicheto in una storica piazza, magari leggendo un albo di Dylan Dog, il fumetto della Bonelli con protagonista il famoso “indagatore dell’incubo” intento a suonare (male e al clarinetto) la sonata simbolo di Tartini – più famosa di lui stesso – Trillo del diavolo: la cultura è anche divertente, anzi, guai se non lo fosse.
Un matrimonio che non s’ha da fareIl punto di partenza della passeggiata, per creare una certa “linearità” di percorso, potrebbe essere la Basilica del Carmine di Padova, altrimenti detta i Carmini, dove il 29 luglio del 1710 un Tartini appena 18enne si sposò con Elisabetta Premazore, un matrimonio desideratissimo e al contempo complicato per il dissenso dei familiari di Pirano, i quali, immaginando per Giuseppe una carriera ecclesiastica (oltre agli studi di legge, in definitiva, il motivo per cui era stato mandato a Padova), tagliarono i viveri al giovane, reo, su tutto, di aver sposato una popolana (probabilmente la mancanza di supporti economici fu determinante nella scelta di fare della musica una vera professione). La vita in ogni caso darà ragione ai due innamorati, rimasti insieme e morti anziani a distanza di appena un anno l’uno dall’altra. Sulla vicenda, va detto, esiste la “vulgata” del “matrimonio segreto”, con un adirato vescovo cardinale Giorgio II Cornaro che faceva cercare il neo sposo in fuga per l’Italia: in realtà i documenti hanno dimostrato che l’unione aveva il consenso del vescovo, tutt’al più si voleva mantenere un profilo basso per via della mancata vocazione sacerdotale. Camminando verso via Savonarola e uscendo su Corso Milano, tramite Riviera San Benedetto si giunge in altri significativi luoghi tartiniani: l’Oratorio filippino (Chiesa di San Tomaso Becket), dove venivano eseguiti numerosi oratori e che Tartini frequentò attivamente, e oltre il vicino ponte verso la Specola, l’area in cui sorgeva l’Accademia Delia, istituzione dedita alla scherma, altra disciplina nella quale Tartini eccelleva, come riporta la biografia del Fanzago (redatta nel 1770 dopo la morte del compositore). Da via XX Settembre si può poi raggiungere via Roma e la Chiesa dei Servi di Maria, presso la quale era presente una “Aggregazione dei musici sotto l’invocazione di Santa Cecilia”, corporazione professionale, quasi un sindacato, che si occupava di difendere gli interessi dei musicisti e di assistere i bisognosi: qui, dove è pure custodito uno splendido crocefisso ligneo di Donatello, fu recitata l’orazione funebre per Tartini ed eseguito un inno composto appositamente da Francesco Antonio Vallotti, suo maestro di cappella.
Da qui, dopo un’eventuale pausa rinfrescante in uno dei tanti locali presenti nell’antico Ghetto, viene naturale proseguire verso Prato della Valle, dove Tartini compare fra le statue di figure illustri che circondano l’Isola Memmia dal lato di Santa Giustina, sulla sponda esterna del canale: la scultura eretta nel 1806, dalle fattezze piuttosto “fantasiose”, venne finanziata da cittadini padovani e stranieri e realizzata da Sebastiano Andreosi. Curiosità: nel medaglione sotto il braccio sinistro del violinista è ritratto, in forma di busto, Vallotti. Un bel busto settecentesco di Tartini, opera di Luigi Soressi, è custodito invece nel suggestivo chiostro detto “dei Musici”, al Santo: tappa d’obbligo che ricorda che qui, su raccomandazione del Procuratore Gerolamo Giustiniani, presso la cui famiglia il musicista era in servizio, Tartini ricoprì dal 1721 il ruolo di “primo violino e capo di concerto” dell’orchestra della basilica con uno stipendio annuale di 150 ducati. La camminata tartiniana procede verso il clou costeggiando il Santo lungo via Cesarotti, imboccando via Ospedale Civile e tagliando a sinistra dentro via Cesare Battisti: ci troviamo nella vecchia contrada di Santa Caterina, dove Tartini risiedeva da vivo e ancora oggi riposa. In che edificio preciso fosse la sua abitazione non è dato sapere, per quanto aleggino alcuni misteri circa dichiarazioni e persino una foto in un vecchio e raro volume biografico su Tartini a cura dello studioso russo Lev Ginzburg (un’edizione svizzera in lingua tedesca): secondo l’autore quella dell’immagine sarebbe presentata ai turisti come la camera da letto del compositore, quasi fosse “cosa nota” ai cittadini nonché una delle visite obbligatorie da fare a Padova. Il punto è che non esistono altre informazioni né testimonianze in proposito.
Uno dei tanti misteri tartinianiLa famosa “Scuola delle Nazioni”, comunque sia, sorgeva all’interno della contrada, coincideva di fatto con la casa del compositore e venne chiamata così (mentre Tartini fu soprannominato il Maestro delle Nazioni) perché richiamava studenti da tutta Europa e non solo, addirittura si sa di un allievo, Guglielmo Fegeri, a cui venne dedicata una sonata, proveniente dall’Isola di Giava. Si stimano 40 anni di insegnamento e 150 studenti, i più importanti furono sicuramente l’eccellente Pietro Nardini, apprezzatissimo persino da Leopold Mozart, e Johann Gottlieb Naumann. In via Cesare Battisti, al civico 245, come punto d’arrivo finale di questa passeggiata, si trova la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, edificio religioso di origine medievale, in cui riposano le spoglie di Giuseppe Tartini e della moglie Elisabetta.
Chi non avesse confidenza con l’opera di Giuseppe Tartini non può non ascoltare le sonate Senti lo mare, La mia Filli, Pastorale op.1 n.13, Il trillo del diavolo, Didone abbandonata. Per quanto riguarda i dischi da ascoltare assolutamente: Cantabile e suonabile, David Plantier; Senti lo mare, Matthieu Camilleri; Tartini – Violin Concertos, Chouchane Siranossian (violino) e Venice Baroque Orchestra diretta da Andrea Marcon; Tartini Two Sonatas: Trillo del diavolo, Didone abbandonata – Brahms: Sonata No.1, David Oistrakh, violino, e Frieda Bauer; Giuseppe Tartini – Complete Violin Concertos, L’Arte dell’Arco.
Fra le tante curiosità da approfondire ci sono perlomeno il cosiddetto “terzo suono” (noto anche come “suono di Tartini”), fenomeno acustico che il musicista usò come guida per la perfetta intonazione del violino anche con i propri allievi e su cui basò il proprio sistema teorico-musicale, le innovazioni tecniche realizzate sul violino e sull’arco di cui fu artefice e i testi poetici crittografati che ispiravano la composizione musicale.
Fabio Velo Dalbrenta
