IdeeComunità democratica Cosa resta delle iniziative di Milano e Orvieto? Nessun nuovo partito cattolico o distaccamento dal Pd, ma la necessità di rilanciare la “buona politica”, tenendo assieme i princìpi cattolici
L’invito a tenere insieme lo spirituale e il sociale era stato formulato a Trieste il 6 luglio 2024 dal card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, alla Settimana sociale dei cattolici italiani. Lo ha raccolto il 18 gennaio Comunità democratica, una componente del Partito democratico che fa capo a Graziano Delrio. E a Palazzo Lombardia, nell’anniversario dell’appello Ai liberi e forti di don Luigi Sturzo, si sono ritrovati in tanti: «A Milano non si è parlato di un’impossibile ricostituzione di un partito cattolico – puntualizza Paolo Giaretta, già sindaco Dc di Padova e senatore dell’Ulivo – Non è in ballo la questione degli equilibri interni del Pd, è piuttosto un’ambizione ben espressa nel titolo scelto “Creare legami, guarire la democrazia”. Se quasi un migliaio di persone si reca a un convegno a Milano, vuol dire che c’è una domanda politica nuova». Cosa chiedono? «Un nuovo umanesimo – argomenta Giaretta – Le ricette fin qui praticate dalla sinistra non sono affascinanti per il popolo. Che rischia di rifugiarsi nel personalismo e in chi governa le sue paure. Invece nel Paese ci sono tante energie positive che attendono di essere messe al servizio di un’idea grande. E dentro queste energie c’è il mondo cattolico. Non bisogna perseguire la politica della nostalgia, ma la nostalgia della buona politica. E quindi è un appello a queste energie positive, che il Pd deve capire. Dentro il mondo cattolico c’è ancora una ricchezza sotterranea, che sarebbe un grave errore sottovalutare. Questa ricchezza si esprime, per esempio, nel “magistero” di Mattarella». A Milano c’era anche Luciano Sguotti, già sindaco di Conselve, iscritto al Pd: «Ho avvertito un clima di entusiasmo, con presenze sopra le attese. L’incontro è stato caratterizzato principalmente da tre parole d’ordine: creare legami, fare comunità e intelligenza relazionale. Creare legami sottintende che nessuno intende uscire dal Pd; si tratta di affinare delle proposte politiche, giacché in sala aleggiava la domanda “Se un domani toccasse a noi governare, dove portiamo questo Paese?”. Quindi si tratta di costruire delle piattaforme, indicare gli obiettivi comuni, e Romano Prodi ne ha già individuati 11, che possono mettere insieme un’area di centrosinistra. Non ci sono trattini tra centro e sinistra; si lavora per un centrosinistra che voglia riaggiornare un’agenda di governo. Non possiamo limitarci al botta e risposta con la maggioranza di Meloni». Qual è allora il concetto chiave su cui lavorare? «Direi – aggiunge Sguotti – intelligenza relazionale. Cioè, rispetto al surplus di intelligenza tecnologica, eterodiretta, che può disorientare, serve un’intelligenza relazionale». Ma le iniziative di Milano e di Orvieto (dove si è svolta l’assemblea di Libertà eguale, di Enrico Morando, cui ha presenziato Paolo Gentiloni), che hanno riportato al centro dell’attenzione la questione del voto dei cattolici, potranno realmente cambiare la politica italiana? «Il voto cattolico – risponde Paolo Graziano, docente di Scienza politica al Bo – pesa sempre meno nell’elettorato totale, è sempre più fluido e variamente distribuito tra centrosinistra e centrodestra. Tuttavia va rilevato come un sondaggio Quorum-Demos (5 aprile 2024, ndr) indicava che il 37 per cento delle italiane e degli italiani avrebbero voluto un partito cattolico, ma al tempo stesso mostrava come quasi il 61 per cento del voto cattolico sarebbe orientato al centrodestra». Quali spunti di riflessione possiamo trarre? «In primo luogo – sottolinea il politologo – puntare all’unità cattolica potrebbe pagare in termini elettorali, anche se non in una misura maggioritaria. In particolare, visto il posizionamento del Pd di Schlein più verso sinistra, è possibile che una proposta politica centrista, alleata al Pd, riesca a sparigliare le carte, in particolare nell’attuale centro del centro-destra. Ciò però non significa che sia facile attivarsi per trasformare un elettorato potenziale in un elettorato reale: per esempio Renzi e Calenda sanno bene quanto sia difficile catturare il pur rilevante elettorato centrista (e cattolico). Con la guida Schlein non credo sia facile realizzare un riposizionamento del Pd su temi cari all’elettorato cattolico». E quindi quale strategia può essere messa in campo? «Più facile ma non troppo, è cercare una federatrice o un federatore che riesca ad agglutinare il consenso cattolico in un partito e che possa poi sfruttare il proprio “potenziale di coalizione” nei confronti del centro-destra o del centro-sinistra. Di certo, le iniziative recenti appartengono maggiormente al campo del centro-sinistra. Non a caso la Cei ha espresso sostegno alle iniziative che riportano i cattolici in politica, da qualsiasi parte dello “spettro”. Ma chi è in grado di farsi interprete politico di tali indicazioni episcopali? Per ora mi pare che all’orizzonte non si veda nessuno».
«Per avere un’idea anche approssimativa del bacino di utenza di un partito cattolico – aggiunge il docente Paolo Graziano – dovremmo chiederci quale sia il grado di fiducia nella Chiesa. Il sondaggio di Demopolis del 10 gennaio 2025 rileva che solo il 45 per cento degli italiani ha fiducia nella Chiesa cattolica. Un altro sondaggio (Analisi Politica, 21 luglio 2023) rileva come solo il 58 per cento della popolazione italiana si dica “cattolico”, con un declino di quasi 20 punti percentuali rispetto al 2012».
