Idee
L’ intelligenza artificiale non è più un tema riservato agli addetti ai lavori in qualche sala server o aula universitaria: è diventata parte della vita quotidiana, delle scelte politiche e delle trasformazioni economiche su scala mondiale. Mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia accademia per la vita, lo scorso 1° dicembre a Palazzo Santo Stefano di Padova, per il convegno “Il lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale” di Confapi Padova, Ucid e Migranti onlus, ha ribadito come non sia «più possibile immaginare un futuro in cui la tecnologia cresca da sola, senza criteri condivisi e senza una bussola etica». L’“algoretica”, oggi, non è un esercizio teorico: è una responsabilità che tocca l’intera società.
Anche la Chiesa deve essere protagonista di questo dibattito: «È importante parlarne – afferma – perché è una realtà così complessa, così pervasiva, così rilevante ormai in tutti i settori della vita: dal mondo scientifico alle conseguenze e applicazioni in campo sanitario, ambientale e tutte le realtà che in qualche modo compongono la nostra vita sociale». Un impatto tanto ampio richiede una metodologia e una vigilanza: «Anche papa Francesco subito sollecitò e fu coinvolto nel ricordare la necessità che ci sia un’etica che ispiri e anche in qualche modo orienti, regoli l’intelligenza artificiale. Che sia sempre a servizio dell’uomo, del bene comune, dell’attenzione anche ai gruppi sociali… più emarginati o sofferenti o vulnerabili».
Il rischio, aggiunge, è che le nuove tecnologie «favoriscano ulteriori sperequazioni o disuguaglianze», quando invece potrebbero «collaborare a creare condizioni più giuste», anche nel rapporto con l’ambiente. Un’indicazione che il papa aveva affidato anche al messaggio per la Giornata della pace del 1° gennaio 2024: l’auspicio che l’IA possa contribuire a «promuovere la pace nel mondo gestendo i conflitti in un certo modo».
Il punto di equilibrio, però, resta difficile da trovare. L’intelligenza artificiale si presenta come possibilità e come rischio: medicina personalizzata, assistenza più efficace, analisi dei dati in tempo reale; ma anche tecnocrazie opache, tentazioni transumaniste, appropriazioni ideologiche del pensiero cristiano da parte di alcuni guru della Silicon Valley che ne distorcono il messaggio sognando un nuovo feudalesimo, un “tecno-feudalesimo” che sostituisce castelli e latifondi con big data e criptovalute. Mons. Pegoraro invita alla prudenza e al discernimento: «Di fronte a queste sfide di vario livello – alcune anche difficili un po’ da decifrare, quanto siano effettivamente possibili o siano a livello più di fantascienza che di scienza – la Chiesa si è posta subito all’inizio di fronte a queste sfide, cercando di interloquire col mondo scientifico, con le grandi anche società dell’intelligenza artificiale».
Il primo passo è stato Rome Call for AI Ethics, nel febbraio 2020, un documento che ha anticipato di anni l’attuale dibattito globale. «Questa carta è stata firmata da Microsoft, Ibm, adesso da Cisco, da Salesforce, dalle grandi religioni abramitiche, ma anche dalle religioni orientali e da più di 40 università». L’obiettivo era – ed è – costruire «una piattaforma su cui lavorare per un’etica all’altezza di queste sfide: evitare che le macchine diventino dominatrici sull’uomo, scongiurare un’idea di transumanesimo estremamente pericoloso, fermare alla radice ulteriori disuguaglianze e discriminazioni, con chi diventa sempre più potente e dall’altro chi diventa sempre più debole».
Fin dalla sua elezione al soglio pontificio papa Leone ha spesso richiamato la questione delle “cose nuove” – il rapporto tra tecnologie emergenti e dignità umana – anche nel viaggio tra Turchia e Libano. «Da un lato papa Leone ha già ricordato più volte l’importanza di queste nuove sfide e che l’intelligenza artificiale rappresenta un momento storico fondamentale per l’umanità. E la Chiesa già si è mossa e continuerà a essere presente e interagire per affrontare queste sfide e queste tematiche».
Un impegno che non coinvolge solo la Pontificia Accademia per la vita: «Ci sono anche altri Dicasteri che sono coinvolti. E vediamo come papa Leone raccoglie e anche coordina queste potenzialità che la Chiesa ha, così come anche alcune università cattoliche in varie parti del mondo, che hanno le competenze scientifiche, ma anche umanistiche, anche etiche, teologiche e filosofiche per una voce che vuole essere un interlocutore qualificato».
L’approccio ecclesiale, precisa mons. Pegoraro, non è né tecnofobico né
ingenuo. «Non si vuole demonizzare l’intelligenza artificiale, ma riconoscere le sue potenzialità favorevoli all’umanità e alla pace; ma bisogna d’altra parte
essere molto attenti ai rischi, ad alcuni intrinseci errori dell’intelligenza artificiale o deviazioni che potrebbero esserci, e seguire insieme l’evoluzione di queste cose».
Il documento Antiqua et Nova e la stessa Rome Call costituiscono il quadro teorico; ma il lavoro si concretizza soprattutto nella capacità di affrontare i nodi morali emergenti. Lo testimonia anche il recente convegno del 10 e 11 novembre a Roma, promosso dall’Accademia per la vita e dalla Federazione dei medici cattolici, sul tema “Intelligenza artificiale e medicina: la sfida della dignità umana”. «Il criterio, il principio cardine – ricorda – è la dignità di ogni persona come punto di riferimento, di valutazione e di prospettiva dell’intelligenza artificiale in medicina».