FattiA Padova la prefettura ha concluso l’esperimento attorno alla stazione, ma non l’idea di estendere più controlli serrati in altre aree: fino a metà settembre, attenzione all’Arcella
Concluso l’esperimento della cosiddetta “zona rossa” di Padova nell’area attorno alla stazione? Forse sì, forse no, almeno con questo nome. Lo scorso 6 maggio ad annunciare la fine dell’operazione, che ha portato a un incremento di presìdi e controlli, è stato il prefetto Giuseppe Florenza nell’ambito di una riunione tecnica nel corso della quale sono stati resi noti i numeri di tre mesi di pattugliamenti speciali. «Sono state controllate 19.047 persone e sono stati adottati 48 ordini di allontanamento per violazione dell’ordinanza prefettizia, 18 nei confronti di soggetti già attenzionati per reati concernenti gli stupefacenti, 10 per reati contro la persona, 12 per reati contro il patrimonio e i rimanenti 8 per altre fattispecie di reato». Tuttavia, nello stesso comunicato, la prefettura aveva aggiunto un’apertura non di poco conto confermata nell’ordinanza di martedì 13 maggio: «Sulla base dei più recenti indici di delittuosità nonché delle segnalazioni della cittadinanza si è quindi individuata un’area del quartiere Arcella delimitata a sud dalle vie D’Avanzo e Corso Tre Venezie, a ovest dal cavalcavia Camerini e via Vianello, a nord dalle vie Guicciardini, Aspetti e Card. Callegari e a est dalle vie Saetta, Liszt, Durer, Viotti e Plebiscito». Il provvedimento parte lunedì 19 e si conclude il 15 settembre. Inevitabilmente sono numerose e variegate le reazioni del mondo politico, sindacale e delle associazioni. Per la maggioranza che amministra la città, la scelta della Prefettura è apprezzabile come sottolinea l’assessore alla sicurezza Diego Bonavina: «Abbiamo condiviso la decisione di interrompere – ma solo nominalmente – l’istituzione di queste zone perimetrate o volgarmente chiamate rosse. Il fatto che il prefetto abbia correttamente comunicato che ci saranno dei servizi congiunti tra tutte le Forze dell’ordine e la Polizia locale, vuol dire che andiamo nella direzione di controllo della città come è sempre stato e come spero sarà sempre». Di parere opposto la Lega: «L’istituzione delle zone rosse cittadine è stata un’esperienza positiva – commenta il consigliere regionale Giuseppe Pan – Va pertanto riproposta il prima possibile vista l’efficacia a beneficio della sicurezza pubblica, dove la politica cittadina ha spesso fallito. Lo dimostrano l’aumento dei controlli e i relativi allontanamenti dei soggetti più problematici». Dura la linea del Partito Democratico cittadino: «Abbiamo massima attenzione per la sicurezza dei cittadini ma su questo genere di provvedimenti pensati dal Governo la nostra posizione è chiara. Si tratta di un’invenzione propagandistica del Governo a trazione Salvini-Meloni che viene calata da Roma sulla testa delle comunità locali per dare una parvenza di maggiore sicurezza». Tra i movimenti contrari alla misura si registra la voce di Coalizione Civica, che tramite una nota, ribadisce: «La scelta di non rinnovare la zona rossa è tardiva ma conferma ciò che abbiamo sempre detto: strumenti emergenziali e repressivi come questo non affrontano davvero i problemi delle città e spesso finiscono per colpire proprio le fasce più fragili della popolazione. In questi mesi, l’attivazione della zona rossa non ha escluso, isolato, criminalizzato. Ha reso più difficile – quando non impossibile – il lavoro degli operatori sociali e delle associazioni che ogni giorno cercano di costruire percorsi di uscita dalla marginalità». Fuori dall’arena politica si schierano anche sindacati e associazioni di categoria. Per Cgil, Cisl e Uil «i dati dimostrano, a nostro avviso, che l’impostazione di una “zona rossa” non rappresenta la soluzione più efficace per affrontare le problematiche di sicurezza del territorio. Ora è fondamentale che accanto al rafforzamento dei servizi ordinari di controllo si proceda anche con una risposta di tipo sociale, favorendo l’accesso ai servizi e l’inclusione di chi vive in condizione di marginalità». Più sfumata la posizione di Confcommercio Ascom Padova: «Tutto quello che può servire per dare sicurezza ai cittadini va accolto con favore – incalza il presidente Patrizio Bertin – In questo senso siamo convinti che questo debba servire non per allarmare ma per diffondere l’immagine di Padova come città sicura, una città che ha un commercio diffuso e un turismo in crescita, per cui la sicurezza – anche di quartieri fuori dal centro – è fondamentale».
Se queste sono le posizioni di chi vede dall’esterno la situazione, chi lavora e vive a contatto con le persone in condizioni di marginalità residenti nell’area della stazione racconta un altro punto di vista. Mirko Sossai, vicepresidente della Comunità di Sant’Egidio Veneto non commenta la bontà o meno delle misure del prefetto, ma si focalizza sull’attenzione che meritano le persone: «In questa città c’è un’esigenza di sicurezza percepita da molti abitanti ed è giusto che le Forze dell’ordine e il Comune se ne facciano carico, perché a tutti va garantita, anche a chi è più povero. All’inizio della sperimentazione abbiamo percepito un disorientamento da parte delle persone più povere. In questo senso avevamo diramato un comunicato, assieme alle Cucine economiche popolari, in cui offrivamo massima collaborazione con le istituzioni ma ricordavamo che al centro ci doveva essere la persona». In attesa, dunque, di capire verso quale direzione è intenzionata ad andare la prefettura, aggiunge il referente della Comunità di Sant’Egidio: «I poveri inizialmente si erano allontanati dalla stazione, poi abbiamo cercato di riallacciare le reti di relazione con le persone più in difficoltà e in questo non abbiamo avuto nessun intralcio. La cosa fondamentale è che, nel garantire la sicurezza, nessun provvedimento possa essere inteso come volto a colpire i poveri. La nostra preoccupazione è che ci sia posto per tutti, Padova deve essere una città accogliente. Dobbiamo essere attenti a non creare un clima di contrapposizione, questa vicenda ci insegna quanto sia importante collaborare tra tutti gli attori della società e porre attenzione alle domande che vengono da tutti. La sicurezza si costruisce giorno per giorno e deve riguardare tutta la città».
