Fatti
Un’economia in chiaroscuro
Numerosi sintomi inducono a pensare che il segno sotto cui si trova l’economia del nostro Paese (e non solo) sia quello dell’incertezza
FattiNumerosi sintomi inducono a pensare che il segno sotto cui si trova l’economia del nostro Paese (e non solo) sia quello dell’incertezza
La situazione economica italiana è oggetto di valutazioni politiche profondamente diverse, in taluni casi persino contrapposte. Il governo, com’è comprensibile, mette in risalto i dati positivi che oggettivamente ci sono. Le opposizioni e la maggior parte dei sindacati sottolineano invece le criticità, che pure trovano fondamento anche nelle statistiche. Si potrebbe dire che ognuno fa il suo mestiere e che i numeri si prestano spesso a interpretazioni non convergenti, condizionate come sono dai punti di osservazione. Se è sempre bene diffidare dagli schemi manichei – la realtà non è mai tutta rosa o tutta nera – la formula del “chiaroscuro” può offrire un’onesta descrizione delle dinamiche in atto, ma non può esimere dalla ricerca di una chiave di lettura complessiva che aiuti a comprendere i fenomeni e la loro origine.Numerosi sintomi inducono a pensare che il segno sotto cui si trova l’economia del nostro Paese (e non solo) sia quello dell’incertezza. L’inflazione è crollata e il potere d’acquisto delle famiglie ha recuperato posizioni, ma il risparmio – tradizionale punto di forza italiano – segna il passo. Gli esperti spiegano che ciò avviene perché è ancora necessario attingere alle riserve per i consumi necessari. Del resto la pressione fiscale è salita al 40,5% e il nodo dei salari troppo bassi resta irrisolto nonostante la serie di importanti rinnovi contrattuali che si è concretizzata nel 2024. Il nuovo anno è iniziato con una frenata e sono milioni i lavoratori in attesa di un adeguamento sia pure parziale.Segnali positivi arrivano dai conti pubblici, soprattutto perché spendiamo meno per gli interessi sul debito. Di questo va dato atto al governo che è riuscito a rassicurare gli investitori. Ma il debito continua comunque ad aumentare e ha superato per la prima volta la soglia dei tremila miliardi. Non è tanto l’enormità della cifra che deve preoccupare, ma la circostanza che a fronte di essa la crescita “stenta a recuperare vigore”, come ha rilevato la Banca d’Italia nel suo Bollettino. Il Fondo monetario internazionale ha stimato un incremento del Pil pari a 0,6% nell’anno appena concluso e dello 0,7% in quello iniziato, mentre le stime governative erano rispettivamente del +1% e +1,2%.Anche il “miracolo” dell’occupazione non è esente dal virus dell’incertezza ed è atteso alla prova dei prossimi mesi. L’aumento degli occupati e il calo della disoccupazione, pur in presenza di una crescita economica debole, rappresentano un paradosso che non ha interessato soltanto l’Italia. La Banca centrale europea lo ha attribuito sostanzialmente a due fattori: il calo dei salari reali e il contestuale aumento dei profitti delle imprese, con “accaparramento della manodopera” da parte di queste ultime, spinte a trattenere più a lungo i lavoratori (ecco perché sono cresciuti i tempi indeterminati) anche per ovviare alle difficoltà di reperimento dovute al calo demografico. Ma quanto potrà durare questa situazione? Per l’Italia, che è di gran lunga la maggiore beneficiaria del Pnrr, molto dipende dalla concreta “messa a terra” del Piano. Per ora siamo i più virtuosi, ma non c’è nulla di scontato: per ammissione della stessa premier Meloni “il 2025 sarà un anno fondamentale”.Su tutto incombono due fattori esterni decisivi: la ripresa dei costi energetici, collegata sempre alla guerra in Ucraina, e l’inizio della presidenza Trump, i cui annunciati dazi doganali potrebbero mettere a rischio 11 miliardi di export italiano, secondo una stima di Confartigianato diffusa in questi giorni. Una sfida che l’Italia non può immaginare di vincere da sola, magari facendosi trascinare dall’illusione di “paci separate” con i nuovi potenti. C’è bisogno di unità nel Paese e in Europa.