Festa dei santi Pietro e Paolo, patroni della città di Roma; giornata in cui sono presenti alcuni vescovi e rappresentanti della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, nel quadro del tradizionale scambio di delegazioni per le feste dei rispettivi Patroni, segno di amicizia e di comune fede in Cristo. Così il 30 novembre una delegazione della Chiesa cattolica sarà a Istanbul. Ma anche momento in cui si fa memoria del cammino del dialogo tra chiese sorelle, avviato da Paolo VI con l’incontro 1964 a Gerusalemme con il Patriarca Atenagora, proseguito con Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, gli incontro con Bartolomeo. L’obiettivo è il ristabilimento della piena unità tra le chiese che si può raggiungere, afferma Leone XIV alla delegazione del Patriarcato ecumenico guidata dal metropolita di Calcedonia Emmanuel, “soltanto con l’aiuto di Dio, attraverso un continuo impegno di ascolto rispettoso e di dialogo fraterno”.
All’Angelus ricorda che anche oggi ci sono cristiani “che il Vangelo rende generosi e audaci persino a prezzo della vita”. Esiste “un ecumenismo del sangue, una invisibile e profonda unità fra le Chiese cristiane, che pure non vivono ancora tra loro la comunione piena e visibile”. Per questo conferma Leone XIV che il suo servizio episcopale “è servizio all’unità” e alla “comunione tra tutte le Chiese”.
Festa che vede Papa Leone celebrare messa in San Pietro e consegnare personalmente il Pallio, la stola di lana bianca decorata con sei croci nere di seta, a ricordo delle ferite di Cristo, a 54 vescovi metropoliti, sette dei quali provenienti dall’Asia: “questo segno, mentre richiama il compito pastorale che vi è affidato, esprime la comunione con il Vescovo di Roma, perché nell’unità della fede cattolica, ciascuno di voi possa alimentarla nelle Chiese locali a voi affidate”. Nell’omelia, così come nelle parole pronunciate all’Angelus, Papa Leone ha voluto riflettere sulla testimonianza dei due santi, che, ha affermato, “sono stati chiamati a vivere un unico destino, quello del martirio, che li ha associati definitivamente a Cristo”. È la “comunione ecclesiale” cui i santi approdano – afferma il vescovo di Roma – “dopo un lungo cammino, nel quale ciascuno ha abbracciato la fede e ha vissuto l’apostolato in modo diverso”. Pietro e Paolo; la loro storia “ci insegna che la comunione a cui il Signore ci chiama è un’armonia di voci e di volti e non cancella la libertà di ognuno”. È una fraternità di cui c’è tanto bisogno, sia nella vita pastorale, sia nel “dialogo ecumenico”, sia nel “rapporto di amicizia che la Chiesa desidera intrattenere con il mondo”.
L’altro aspetto affrontato dal Papa nell’omelia è la “vitalità della nostra fede”. Nell’esperienza del discepolato, afferma Leone XIV, “c’è sempre il rischio di cadere nell’abitudine, nel ritualismo, in schemi pastorali che si ripetono senza rinnovarsi e senza cogliere le sfide del presente”. Pietro e Paolo ci chiedono di aprirci ai cambiamenti, di lasciarci “interrogare dagli avvenimenti, dagli incontri e dalle situazioni concrete delle comunità, di cercare strade nuove per l’evangelizzazione a partire dai problemi e dalle domande posti dai fratelli e dalle sorelle nella fede”. Cita quindi Papa Francesco per dire che “è importante uscire dal rischio di una fede stanca e statica”. Chi segue Gesù, afferma poi all’Angelus, “si trova a camminare sulla via delle Beatitudini, dove la povertà di spirito, la mitezza, la misericordia, la fame e la sete di giustizia, l’operare per la pace trovano opposizione e anche persecuzione”.
Parlando poi ai membri del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, lancia un nuovo appello alla pace: “Il Signore doni la pace al vostro popolo!”. Appello che propone anche dopo la recita della preghiera mariana dell’Angelus: “continuiamo a pregare perché dovunque tacciano le armi e si lavori per la pace attraverso il dialogo”.
È festa anche lungo via della Conciliazione dove torna, in occasione del 400mo anniversario, la storica infiorata che proporrà quadri alcuni dedicati al tema della preghiera e al Giubileo della Speranza. In serata, a Castel Sant’Angelo, ecco la “girandola”, ovvero fuochi d’artificio in onore dei patroni di Roma. Una storia che risale al XV secolo quando Michelangelo propose questo spettacolo nella Roma allora Stato Pontificio.