Chiesa | Mondo
“Uniti nel dono”. Prendiamoci cura dei nostri presbiteri
“Uniti nel dono” è lo slogan della campagna sul sostegno dei preti diocesani. Tutti possiamo dare il nostro contributo
Chiesa | Mondo“Uniti nel dono” è lo slogan della campagna sul sostegno dei preti diocesani. Tutti possiamo dare il nostro contributo
Un posto che è di tutti, dove ognuno è il benvenuto, dove si può crescere sentendosi una comunità. Torna anche quest’anno la campagna di sensibilizzazione alle offerte per i sacerdoti. Tornano le immagini – catturate nelle parrocchie e nei patronati d’Italia – di ragazzi e di sorrisi, di cortili e di palloni, di abbracci e strette di mano, di anziani e giovani che si ritrovano insieme intorno a un uomo “con un colletto bianco”, che alla costruzione di una comunità di questo tipo ha scelto di dedicare tutta la vita. Ecco perché le comunità non possono dimenticarsi di loro. A Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, chiediamo come si caratterizza la campagna offerte 2022 “Uniti nel dono”. «Nella forma è una campagna che nasce sulla scia di quella dello scorso anno, che era pensata per estendersi su un biennio. Nella sostanza, però, c’è una grossa differenza: quest’anno stiamo sperimentando tutti un profondissimo desiderio di ricominciare a vivere. Lo respiriamo nei corridoi dei nostri posti di lavoro come nelle aule scolastiche, sui mezzi pubblici come per le strade. Questa sete di speranza e di futuro c’è anche nelle nostre comunità, e i nostri sacerdoti si spendono quotidianamente per permetterci di placarla». Quale profilo di parrocchia emerge da ciò che state comunicando? «Quello che le immagini della campagna rilanciano in tv, sulle radio, sul web e sulla carta stampata è esattamente ciò che sperimentano ogni giorno quanti varcano la soglia dei nostri patronati e delle nostre parrocchie, trovando dei luoghi incui ogni persona ha la possibilità di essere accolta per quello che è, senza doversi mascherare. In parrocchia nessuno deve vergognarsi dei propri limiti e delle proprie fragilità, e tutti possono mettere a servizio del bene comune i propri talenti. Credo che proprio questo aspetto sia quello che può affascinare di più il cuore dei giovani, almeno di quelli che non si lasciano frenare dai pregiudizi e trovano il coraggio di mettersi in gioco». Non c’è il rischio di idealizzare un po’ troppo la figura dei nostri sacerdoti? «Èesattamente il contrario, a mio avviso. Sui media fa notizia l’albero che cade e non la foresta che cresce: si capisce, ma non rende un buon servizio alla verità. A fronte di qualche mela marcia le cui malefatte ogni tanto rimbalzano fragorosamente in tv, sul web e sui giornali, c’è una grandissima maggioranza di uomini sereni e desiderosi di rimboccarsi le maniche insieme a chi ci sta per ricostruire un tessuto sociale che ha un enorme bisogno di fraternità e condivisione, specie dopo l’ultimo difficile biennio». Ma perché servono le offerte per sostenere i sacerdoti? «Perché i sacerdoti non fanno un mestiere, ma rispondono a una chiamata. E le comunità per cui si spendono sono anch’esse chiamate ad accoglierli come un dono e a prendersi cura di loro. Tutte: quelle più ricche e quelle in contesti più difficili. Per questo le offerte deducibili, volute così dalla legge 222 del 1985, permettono a tutti di contribuire a quest’opera. Ma ancora sono troppo pochi i cattolici che ne hanno preso consapevolezza: ecco perché, ancora una volta, ci stiamo impegnando in questa campagna per ricordarlo a tutti. I nostri sacerdoti sono affidati a noi e non dobbiamo dimenticarcene: uniti possiamo».
Stefano Proietti
Le offerte raggiungono circa 33 mila sacerdoti al servizio delle 227 Diocesi italiane e, tra questi, anche 300 preti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Sud del Mondo e circa 3 mila, ormai anziani o malati dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo
Le offerte sono destinate al sostentamento dei sacerdoti diocesani.L’offerta è nata come strumento per dare alle parrocchie più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della “Chiesa-comunione” delineata dal Concilio Vaticano II. Le donazioni vanno a integrare la quota destinata alla remunerazione del parroco proveniente dalla raccolta dell’obolo in chiesa. Ogni sacerdote infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra per il proprio sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di cinquemila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Destinate all’Istituto centrale sostentamento clero, le offerte permettono di garantire, in modo omogeneo in tutto il territorio italiano, il sostegno all’attività pastorale dei sacerdoti diocesani. Da oltre 30 anni, infatti, non ricevono più uno stipendio dallo Stato, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento.
Per sostenere i sacerdoti diocesani con le offerte “Uniti nel dono” si sono queste modalità:◆ versamento sul conto corrente postale n. 57803009;◆ carta di credito – grazie alla collaborazione con Nexi, i titolari di carte di credito Mastercard e Visa possono inviare l’offerta, in modo semplice e sicuro, chiamando il numero verde 800 825000 oppure collegandosi al sito www.unitineldono.it/donaora/◆ Paypal – si può donare tramite in modo veloce e sicuro selezionando questa opzione sul sito al momento della donazione;◆ bonifico bancario sull’iban IT 90 G 05018 03200 000011610110 a favore dell’Istituto centrale sostentamento clero specificando nella causale “Erogazioni liberali” ai fini della deducibilità;◆ versamento presso gli Istituti diocesani sostentamento clero (l’elenco è sul sito www. unitineldono.it).
Il contributo è libero. Per chi vuole queste offerte sono deducibili dal proprio reddito complessivo, ai fini del calcolo dell’Irpef e delle relative addizionali, fino a un massimo di 1.032,91 euro annui. L’offerta versata entro il 31 dicembre di ciascun anno può essere indicata tra gli oneri deducibili nella dichiarazione dei redditi da presentare l’anno seguente(va conservata la ricevuta del versamento).