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Rubriche | Lettera 35 - Cronache da un'economia umana

giovedì 2 Agosto 2018

Veneto, mercato del lavoro ed investimenti

Se l'Istat certifica un aumento della disoccupazione, in Veneto la situazione sembra più felice. Il parere dell'assessore Donazzan e di Paolo Zabeo della Cgia di Mestre.

Gianluca Salmaso
Comunicato stampa

L’istat certifica: in giugno la disoccupazione torna a sfiorare quota 11 percento. Aumentano di oltre 2 punti percentuali le persone in cerca di occupazione e aumenta anche il tasso di disoccupazione fra i più giovani, ormai prossimo al 33 percento.

Rallenta l’economia e anche il mercato del lavoro stenta a mantenere il passo ma, analizzando i dati del primo trimestre dell’anno a palazzo Balbi, sede della Giunta regionale veneta, non si nasconde un cauto ottimismo «nel rapporto sull’occupazione diffuso da ISTAT sono stati evidenziati i dati provvisori, raccolti su base nazionale, del solo mese di giugno 2018. A livello Veneto, in attesa delle stesse proiezioni nel periodo in questione, va sottolineato che nel primo trimestre dell’anno è stato registrato un considerevole aumento delle assunzioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: da gennaio a marzo infatti sono stati attivati nuovi contratti per 163.100 italiani (+17,3%) e 61.800 stranieri (+16,9%) — dichiara l’assessore regionale Elena Donazzan — analizzando con attenzione i dati di ISTAT e Veneto Lavoro riferibili all’occupazione in Veneto e a Nord-Est in questo primo trimestre dell’anno emerge un trend positivo dell’occupazione nella nostra Regione: anche su questo il Veneto si sta differenziando dalla media nazionale, con un mercato del lavoro che in questa fase si sta dimostrando particolarmente effervescente».

Se l’economia frena, bisogna accelerare con gli investimenti. «Con meno Pil e la disoccupazione in crescita non ci sono alternative. Per rilanciare questo paese è necessario uno choc fiscale e tornare ad investire — anche la Commissione europea continua a dirci che in termini di crescita continuiamo a rimanere il fanalino di coda dell’Ue. Se, come stima quest’oggi l’Istat, il livello di crescita di quest’anno sarà ben al di sotto dell’1,5 per cento previsto, questo avrà degli effetti negativi sulle entrate e, molto probabilmente, comporterà un aumento della pressione fiscale».

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