È una decisione destinata a segnare un punto di svolta nella battaglia per il riconoscimento dei danni causati dai Pfas. Il Tribunale di Vicenza ha stabilito con la sentenza del 13 maggio, che la morte di Pasqualino Zenere, ex operaio dello stabilimento della Miteni di Trissino (azienda responsabile di uno dei casi di inquinamento più gravi della storia italiana), è stata provocata «con alta probabilità» dall’esposizione prolungata a queste sostanze chimiche. Si tratta del primo caso in Italia dove è stata riconosciuta ufficialmente in sede giudiziaria, una correlazione tra i Pfas e una malattia tumorale. Zenere ha lavorato nello stabilimento chimico dal 1979 fino al 1992 ed è morto nel 2014 a causa di un tumore della pelvi renale. Ora, dopo anni di battaglie legali, è arrivata una sentenza che apre la strada a nuove possibili azioni da parte di altre vittime dell’inquinamento da Pfas. Per arrivare al pronunciamento del 13 maggio bisogna partire da più lontano: nel 2019 la Cgil vicentina ha inoltrato all’Inail una richiesta di riconoscimento di malattie professionali per diversi ex dipendenti della Miteni, tra cui tre operai deceduti (uno di loro era Pasqualino Zenere). L’Inail per venti di loro ha respinto le richieste; per 19 ha riconosciuto valori elevatissimi di Pfas nel sangue con un rischio di insorgenza di patologie correlate, valori che però non hanno dato diritto a una rendita economica da parte dell’ente. Per Giampaolo Zanni, referente per la Cgil del Veneto per l’inquinamento da Pfas, «l’Inail ha comunque riconosciuto che avere valori elevati di queste sostanze chimiche nel sangue è già di per sé un danno alla salute». Per i tre operai della Miteni deceduti, l’ente pubblico ha inizialmente respinto la richiesta. La Cgil ha quindi avviato un ricorso nel 2022 solo per Pasqualino Zenere da cui il pronunciamento del 13 maggio di quest’anno, che ha visto il Tribunale di Vicenza accogliere il ricorso e ordinare all’ente di erogare la rendita ai superstiti del dipendente. Per arrivare a questo pronunciamento è fondamentale ricordare che l’Iarc (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), a novembre 2023, ha classificato come «sicuramente cancerogeno» per la salute umana il Pfoa (che è un Pfas prodotto alla Miteni) e «probabilmente cancerogeno» il Pfos, anch’esso appartenente alla famiglia dei Pfas. La sentenza di Zenere arriva nei giorni in cui nella corte d’Assise del Tribunale di Vicenza, si sta concludendo il procedimento penale contro 15 manager Miteni, accusati soprattutto di avvelenamento delle acque e disastro ambientale. La sentenza è attesa per il 26 giugno. Sempre in tema di Pfas è interessante la mozione diffusa a partire da aprile 2024, promossa da diverse realtà tra cui Mamme no Pfas, Isde, Cillsa, Legambiente: chiedono ai Comuni (principalmente quelli coinvolti in casi di inquinamento da queste sostanze), di sollecitare il Governo italiano perché si faccia una legge per la messa al bando dei Pfas. Insieme alla mozione è stato preparato un documento in sette punti, da sottoscrivere sempre dagli enti locali, perché non accadano più casi di contaminazione da Pfas: «Questi punti vogliono aiutare i Comuni per una prevenzione ambientale – puntualizza Luca Cecchi del gruppo Acqua bene comune di Verona – e fornire degli strumenti di controllo e monitoraggio». A oggi sono 47 i Comuni sparsi tra il Veneto, la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, che hanno aderito all’iniziativa. Conclude l’esperto dicendo che «su questi temi c’è disinformazione, principalmente nella politica, spesso motivata dal fatto che si vanno a toccare gli interessi delle multinazionali della chimica».
Greenpeace, il 3 giugno, ha riportato lo studio di Pan Europe con il quale ha rilevato la presenza del Pfas Tfa in 45 vini su 49 analizzati in dieci Paesi Ue, inclusi Chianti e Prosecco. In alcuni casi i livelli superano anche di cento volte quelli dell’acqua potabile.