Fatti
Il vino italiano è sempre tra i migliori al mondo, nonostante il clima e le bizze dei mercati. Lo dicono le prime indicazioni sulla vendemmia che, proprio a causa dell’andamento climatico, è già iniziata. Tutto mentre i produttori fanno i conti con gli effetti dell’accordo Ue-Usa sui dazi – un’intesa che pare non piacere a nessuno – ma anche con un andamento generale del mercato che desta molte preoccupazioni.
Vendemmia, dunque. Stando alle primissime stime dei vitivinicoltori, la produzione quest’anno dovrebbe aggirarsi intorno ai 45 milioni di ettolitri, con una qualità tra il buono e l’ottimo. I primi grappoli sono stati staccati in provincia di Trapani (per la cronaca di Pinot nero nell’azienda agricola Massimo Cassarà, Contrada San Giorgio a Salemi). Coldiretti in una nota spiega: “Le impressioni iniziali sono di un’annata che porterà uva in qualità e quantità, anche se saranno le evoluzioni climatiche delle prossime settimane a confermare o meno le previsioni”. A comandare, come sempre, sarà quindi l’andamento del caldo e delle piogge da qui in avanti, che potrà pure essere diverso da regione a regione. Ancora i coltivatori diretti spiegano come l’inizio della vendemmia sia in forte anticipo rispetto alla media degli ultimi anni proprio a causa delle temperature ma che “siccità e maltempo hanno condizionato in alcuni territori le rese, senza però pregiudicare la qualità, così come i problemi legati a malattie come peronospora e oidio sono risultati inferiori rispetto alle preoccupazioni iniziali, oltre agli attacchi degli insetti alieni”.
Iniziate con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay – viene precisato – le operazioni di raccolta di estenderanno ad agosto con gli altri bianchi e proseguiranno a settembre e ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo, per concludersi addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello.
Per ora, quindi, tutto abbastanza bene sul fronte della produzione per un comparto che vale oltre 14 miliardi di fatturato, 241mila imprese che gestiscono una superficie di 675mila ettari e lavoro per qualcosa come 1,4 milioni di persone. Ciò che non va, invece, è la situazione dei mercati che si sta determinando e non solo a causa dell’intesa Ue-Usa sui dazi.
Se Coldiretti parla di “momento delicato per il settore”, l’Unione italiana vini (Uiv) non usa mezzi termini. Secondo le stime dell’Osservatorio del Vino Uiv, infatti, “i dazi determineranno un calo del valore al consumo di vino italiano, francese e spagnolo pari a circa 3 miliardi di dollari, che a sua volta genererà una voragine nei conti di distributori e retailer. La riduzione del valore al consumo è infatti solo la punta dell’iceberg di un effetto valanga che influirà sull’impatto complessivo socio-economico del wine business negli Stati Uniti, con evidenti ripercussioni in termini di salari, domanda di beni e servizi e posti di lavoro, anche oltre il comparto vino”. Come dire: un disastro per tutto il comparto che si allarga, tra l’altro, anche all’economie statunitense che patirà un danno complessivo da 25 miliardi di dollari. E poi ancora: sempre secondo l’analisi Uiv, l’effetto dei dazi al 15% porterà nel giro di un anno l’impatto (diretto, indiretto e indotto) del vino da 144,4 a 120 miliardi di dollari, a -17% rispetto al valore attuale; in questo scenario, la riduzione del valore dei consumi di vino italiano pesa su questo calo in maniera determinante, per 13,5 miliardi di dollari.
Ma quindi che fare? L’Uiv è netta: “Il vino deve essere inserito nel pacchetto di prodotti agricoli europei a tariffa zero o a dazio ridotto in corso di definizione da parte dei negoziatori”. Mentre le organizzazioni agricole chiedono non solo attenzione ma interventi straordinari. Anche perché il problema non è solo quello dei dazi. Confagricoltura, ad esempio, dopo aver stimato comunque una buona annata “da incorniciare” precisa subito: “Le difficoltà sono diffuse e coinvolgono quasi tutte le regioni, con dinamiche analoghe: le giacenze in cantina sono elevate, in particolare per i vini rossi, e le prospettive per la nuova campagna di vendita non appaiono rassicuranti. I prezzi delle uve sono attesi in calo ovunque, talvolta anche in modo marcato, con stime di riduzioni fino al 30%”. La conclusione degli agricoltori è che occorre “una strategia ampia e duratura, capace di riequilibrare la domanda con l’offerta e di rafforzare il ruolo degli attori della filiera”. In definitiva, tutto sanno che il vino italiano è sempre tra i migliori, ma questo non basta per tutelare imprese e posti di lavoro.