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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

mercoledì 16 Giugno 2021

XII Domenica del Tempo ordinario *Domenica 20 giugno 2021

Marco 4, 35-41

Redazione
Redazione

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Insegnaci a non aver paura di uscire

Ogni novità viene spesso valutata con sospetto da chi non è più giovane. Più si accumulano gli anni e più si fatica a riconoscere nelle nuove opportunità che il tempo offre delle buone occasioni per rinnovare il proprio impegno e tradurlo in operoso ed efficace servizio. Anche nella Chiesa è così: quello che si propone come “nuovo” o “diverso” rispetto alla tradizione, o a quanto si è imparato e si insegna, frequentemente viene valutato con scuotimenti di testa. Diversamente da noi Gesù non continua a ripetere ciò che ha imparato e ricevuto, ma propone a tutti un nuovo modo di intendere le cose, di presentare il valore della fede, di comprendere il rapporto con il prossimo, di vivere la religione oltre l’appartenenza al proprio gruppo, offrendo così a tutti l’opportunità di conoscere, accogliere e vivere in modo nuovo e inaspettato la bellezza dell’appartenere a una fede. Le sue parole e la sua vita non ripetono in modo automatico quel che ha imparato, ma rivelano in modo nuovo la presenza di Dio, e questo spesso non sarà capito dai suoi discepoli, proprio come capita a noi.

Gesù guarda oltre quello che si vede e giudica senza giustiziare, facendo emergere in ciascuno il bisogno di verità e di bontà, così da far capire che Dio è il Dio di tutti e non è proprietà di nessuno. Gesù invita i suoi amici a provare nuovi modi, a percorrere vie che nessuno finora aveva percorso, perfino dove non sarebbero andati di certo volentieri a “passare all’altra riva” e a entrare in terra pagana. Ma i suoi discepoli sembrano mostrare molta resistenza a questa proposta, e da buoni ebrei, non guardavano di buon occhio i pagani; il «prendere Gesù nella barca, così com’era», potrebbe essere letto come la loro volontà di farsi custodi del Signore, quasi per suggerirgli di fare quel che loro pensavano andasse fatto.Ecco, è l’atteggiamento che spesso anima lo stare nella vita e anche il credere: ogni cosa deve essere decisa da me, guidata da me. Ogni persona, per essere valida, deve esprimere caratteristiche e modi che rientrino in quelli decisi da me; ogni modo di vivere la fede, per essere autentico, deve essere eco del mio modo o somigliare a quello che vive il gruppo cui appartengo. Questo atteggiamento – ripeto – presente in tutte le persone “addormenta il Signore”, togliendogli la possibilità di guidare la barca e riducendo a fatica e frustrazione l’opera dei discepoli, la vita e il loro fare, proprio perché piegato e ridotto nei canoni e nelle griglie di quanto è già stato deciso come buono, vero, giusto.Non è un caso che l’arrivo di una tempesta sollevi così tante onde al punto da sommergere la barca, quella in cui i discepoli di Gesù lo avevano come rinchiuso.  

Più che lamentarsi di quello che non va o di provare nostalgia di esperienze o tempi passati, il cui ricordo non sempre corrisponde a verità, c’è da domandarsi se oggi stiamo vivendo e proponendo una fede che – come Gesù ha presentato nelle parabole ascoltate domenica scorsa – faccia crescere la vita di tutti, facendola diventare capace di custodire la vita.     La generosità di Gesù, la passione che anima il suo vivere lo porta a non aver paura di andare oltre ogni confine, a guardare con cuore e intelligenza la realtà e le persone, una a una, credenti e non, ad ascoltare le domande, anche quelle non dette, e a offrire risposte concrete, modi di vivere che sfamino, guariscano, liberino, incoraggino e rimettano in piedi.  Forse il nostro modo di accogliere il Vangelo, di dirlo, di testimoniarlo ha bisogno di “riprendere il largo”, di essere meno “nostro” e farsi più vicino a Gesù.   

Ai discepoli che, presi dalla disperazione, finalmente chiedono aiuto, Gesù risponde con due domande: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Di che cosa ho paura nel provare a vivere il Vangelo così come Gesù lo ha annunciato e vissuto? Che cosa ho paura di perdere nel provare qualcosa di nuovo? Perché mi fa paura passare all’altra riva, lì dove non conosco nessuno, in terra pagana?

«Non avete ancora fede?».

Fede è forza che viene dal vivere un rapporto… è prendere l’odore di Gesù, è riconoscere che i pensieri suoi sono risposta ai miei, è guardare la vita e le persone come lui guarda, essere il tipo di presenza che lui è. Signore, insegnaci a non aver paura di uscire, sospingici ogni giorno, anche quando viene sera e la stanchezza si fa sentire, ad aver il coraggio di passare all’altra riva, ad andare incontro a chi è diverso, a quello che può farci timore, a chi non vorremmo incontrare. Se lasciamo a te il compito di pilotare  la barca e se il punto di riferimento sarà la tua parola e non la nostra, allora la paura non farà affondare la vita, e ogni tempesta si calmerà. Ispiraci tu come metterci in ascolto di questo tempo. Insegnaci ad ascoltare le domande, i silenzi, i bisogni, le opportunità che abitano il cuore delle persone che vivono questi giorni. Ispiraci quello che possiamo fare solo quando metteremo il nostro cuore nel tuo, così che l’impegno non sia frutto di un nostro progetto, ma manifestazione della tua presenza. 

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