Chiesa | In dialogo con la Parola
XIV Domenica del Tempo Ordinario *Domenica 9 luglio 2023
Matteo 11,25-30
Chiesa | In dialogo con la ParolaMatteo 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Non ha dubbi la liturgia di questa domenica! Ci esorta in mille maniere a tirar fuori tutta la voce per esultare, gioire, acclamare, ringraziare. I verbi si moltiplicano all’infinito nel tentativo di rompere tutti gli indugi e finalmente esprimere l’immensa riconoscenza al Dio, che quotidianamente ci viene a salvare.
Se ne fa portavoce il profeta Zaccaria che così rassicura Gerusalemme: «Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso: umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9,9). Una cosa inaudita! Il Dio dal nome impronunciabile scende dalle montagne della sua santità e viene tra la gente per le strade di Gerusalemme» (Ivi). E la prima cosa che farà sarà «far sparire il carro da guerra da Èfraim» (9,10), il tank senza volto con cui ciascuno corre dietro ai suoi interessi, calpestando e schiacciando tutto quello che incontra. E, insieme, farà sparire «il cavallo da Gerusalemme» (Ivi), l’animale che meglio di tutti rappresenta l’orgoglio, con cui esibiamo davanti a tutti l’energia prorompente e prepotente dei primi della classe. E non basta, perché con lui anche «l’arco di guerra sarà spezzato» (Ivi). Rappresenta l’arma più subdola, con cui nascosti dietro le siepi del perbenismo più ostentato, facciamo i cecchini, sparando le calunnie più infamanti su chi ci intralcia il cammino. Dio aborrisce tutto ciò, perché Dio vuole portare solo «pace alle nazioni», mentre tutto ciò, a dispetto di tutte le assicurazioni con cui di solito si giustifica, fa solo male, tanto male a quanti sono già «stanchi e oppressi».
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi – gli fa immediatamente eco Gesù – e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Ristoro! Ecco cos’è la pace, che Dio porta a Gerusalemme. Ristoro, una parola che sa di riposo, di sosta, di gusto. Finalmente! Ma poi Gesù continua: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore» (11,29). Noi gli siamo riconoscenti per quegli aggettivi «mite e umile di cuore», che Gesù in perfetta sintonia con Zaccaria, attribuisce a sé, ma alla parola «giogo» immediatamente torniamo a irrigidirci. Cos’è? Un’altra prova che Gesù aggiunge al nostro sfinimento? Il giogo, noi che veniamo dai campi, lo conosciamo bene. È il palo messo di traverso che sega le spalle ai buoi che trascinano a fatica l’aratro. Strumento di lavoro, riduzione di libertà, oggetto di oppressione e di dolore. È questo che Gesù torna a metterci sulle spalle? La croce? È mai possibile?
«Il mio giogo è dolce – chiarisce subito Gesù – Il mio peso leggero!». Un oximoron – direbbe il professore di lettere, una contraddizione in termini – diremmo noi con parole più terra terra. Può mai un giogo perdere la sua durezza, un peso farsi leggero? Guarda due che si amano – ci dice Gesù – braccia al collo, stretti stretti uno addosso all’altro! Cos’è questo? Una privazione di libertà, un legame che immobilizza? Al contrario. Due che si amano quanto più si stringono tanto più liberano amore l’uno all’altro, quanto più si pesano addosso tanto più si sentono leggeri e volano oltre ogni condizionamento!
Guardiamo come Marc Chagall, stringendosi a Bella, sua moglie, si alza in volo sulla città di Vipesk. Questa è l’arte di quanti si col-legano tra loro: si con-iugano. I coniugi sono, infatti, coloro che per amore scelgono di mettersi sotto lo stesso giogo. Si liberano legandosi, abbracciandosi dentro e fuori, adesso e per sempre. Come sanno fare in grammatica non gli avverbi, parole paracarri irremovibili nella frase, ma i verbi, parole che proprio come gli sposi, si con-iugano, adattandosi in mille maniere a ciò che viene prima e a ciò che viene dopo. Sanno stare al singolare e al plurale, al modo indicativo come al congiuntivo, ma anche al condizionale e infinito. Stupendi i verbi!
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra – prega Gesù – perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (11,25-26). Mi piace tutto di questa affermazione, ma sopra tutto mi piace la motivazione che Gesù dà alla scelta che il Padre fa degli ultimi della terra. È una decisione, presa di testa, ma nata dal cuore. Una decisione, infatti, che gli viene non dalla giustizia, ma dalla benevolenza, proprio come dice il salmo: «Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere» (Sal 103,13-14).
Questo è il Padre e questo è Gesù: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (11,27). Infatti, se è vero che «misericordioso e pietoso è il Signore e… la sua tenerezza si espande su tutte le creature» (Sal 103), e pur vero quello che Gesù dice di sé: «In me «troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero» (11,28)
Una cosa è certa – interviene Paolo – Fratelli, se lo Spirito ha risuscitato Gesù dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali» (Rm 8,11). È lui, infatti, l’artista che stravolge le situazioni e fa delle contraddizioni la certezza più amabile. La sua eternità, coniugandosi con i nostri tempi, se da un lato ci fa perdere la testa, dall’altro ci riscalda il cuore, rendendo dolce ogni giogo e immensamente leggero ogni peso. Nessun dubbio – conferma il salmo responsoriale – «fedele è il Signore in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto».
frate Silenzio
Sorella allodola
Braccia al collo e tanto cielo intorno!